Dal 2025 si potrà andare in pensione a 64 anni: ecco come

NAZIONALE – A partire dal 2025, i lavoratori che hanno iniziato a versare contributi dal 1º gennaio 1996 in poi e sono iscritti a una forma di previdenza complementare potranno accedere alla pensione anticipata a 64 anni, a condizione di aver accumulato almeno 25 anni di contributi. Questa modifica, introdotta da un emendamento alla legge di Bilancio 2025, consente di sommare la rendita della previdenza integrativa all’importo della pensione obbligatoria per raggiungere la soglia minima necessaria.

Attualmente, per accedere alla pensione anticipata a 64 anni, è necessario essere interamente nel sistema contributivo, avere almeno 20 anni di contributi versati e una pensione pari ad almeno tre volte l’assegno sociale (circa 1.600 euro al mese). Con l’introduzione dell’emendamento, i lavoratori iscritti a un fondo pensione potranno sommare la rendita maturata con la previdenza complementare all’importo della pensione obbligatoria per raggiungere la soglia minima richiesta. Ad esempio, un lavoratore con una pensione obbligatoria di 1.200 euro e una rendita da fondo pensione di 450 euro potrà accedere alla pensione anticipata, avendo raggiunto un totale di 1.650 euro.

Tuttavia, sono previsti aumenti dei requisiti: dal 2025, il requisito dei contributi versati aumenterà da 20 a 25 anni, e dal 2030 a 30 anni, con adeguamenti in base all’aspettativa di vita. Inoltre, la soglia minima dell’importo pensionistico richiesto per l’accesso alla pensione anticipata aumenterà da tre a 3,2 volte l’assegno sociale a partire dal 2030.

I lavoratori che non hanno aderito a una forma di previdenza complementare o che scelgono di non utilizzarla potranno continuare ad accedere alla pensione anticipata a 64 anni secondo le regole attuali, senza l’obbligo di rispettare gli aumenti dei requisiti di contribuzione o della soglia minima dell’importo pensionistico.

È stato introdotto un divieto di cumulo tra la pensione anticipata ottenuta con l’utilizzo della rendita complementare e i redditi da lavoro dipendente o autonomo. Sono escluse da questo divieto le attività di lavoro autonomo occasionale, entro un limite di 5.000 euro lordi annui.

Queste modifiche mirano a incentivare l’adesione alla previdenza complementare e a garantire una maggiore sostenibilità del sistema pensionistico.

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