Casal di Principe. Non potrà lasciare il carcere albanese dove è recluso prima di ottobre Salvatore Di Tella, il 20enne di Casal di Principe accusato sull’omicidio colposo del cognato e amico Nicola Iorio.
Lo ha deciso il giudice alla prima udienza tentutasi in queste ore a Scutari. Il tribunale albanese ha chiesto il deposito della perizia che chiarirà la dinamica dell’incidente prima di prendere una decisione sulla posizione di Di Tella. Contestualmente è stata emessa una misura che prevede 50 giorni di detenzione cautelare. Nel corso dell’udienza Di Tella si è difeso dicendo che si è trattato di un incidente.
La salma di Nicola, intanto, sta tornando in queste ore a Casal di Principe per i funerali previsti per domani alle 11 alla chiesa dello Spirito Santo.
L’unica testimone diretta dell’incidente resta Giusy Di Tella, sorella di Salvatore che era sulla moto d’acqua col suo fidanzato Nicola quando c’è stato l’incidente.
“Dopo lo scontro mio fratello si è lanciato in acqua per aiutare Nicola, anche grazie ai soccorsi il mio fidanzato è stato recuperato dalle acque del mare e trasportato in ospedale dove però è deceduto”. Le forze dell’ordine locali hanno fermato Salvatore Di Tella ritenendolo il responsabile dell’incidente e ipotizzando nei suoi confronti il reato di omicidio colposo. All’Ansa, Giusy, che era sullo scooter della vittima e che è quindi una testimone oculare dell’accaduto, spiega la sua versione dei fatti: “le due moto erano distanti e non eravamo così lontani dalla riva come è stato riportato”, tiene a precisare.
“Stavo girando un video con il cellulare e quando il mio ragazzo mi ha detto ‘spegni che partiamo’ ho interrotto la ripresa. Pochi attimi dopo c’è stato lo scontro, sul lato destro della nostra moto. Siamo tutti finiti in acqua: gli scooter però sono rimasti in movimento. Adesso il mio cellulare è in fondo al mare ma voglio ribadire che si è trattato solo di un tragico incidente, mio fratello non ha alcuna responsabilità, anche la famiglia del mio ragazzo dice esattamente questo. Ma qui, in Albania, vogliono per forza trovare un colpevole: è per questo che chiediamo una mano alla Farnesina”.