Omicidio Mollicone, parola alla difesa del maresciallo

TEANO  (red.cro). Nel corso del processo d’appello relativo al caso noto come “Giallo di Arce”, i difensori della famiglia Mottola hanno preso la parola per esporre le proprie argomentazioni a difesa dei propri assistiti. Gli avvocati Francesco Maria Germani, Piergiorgio Di Giuseppe e Mauro Marsella hanno puntato il dito contro gli indizi presentati dall’accusa, definendoli incerti, contraddittori, vuoti e scollegati, accusando l’accusa stessa di perseguire una “caccia alle streghe mottoliane”. Durante la loro esposizione, i difensori hanno chiarito diversi punti chiave: innanzitutto, hanno sostenuto che la porta non può essere il mezzo lesivo che ha causato la ferita al sopracciglio sinistro di Serena Mollicone, smontando così una delle principali accuse a carico dei loro assistiti.

Inoltre, hanno evidenziato che i 28 microframmenti lignei rinvenuti sui nastri che avvolgevano il capo di Serena non possono provenire dalla porta, contraddicendo così l’ipotesi accusatoria. Ulteriormente, le relazioni tecniche criminologiche forensi redatte dai consulenti della difesa, tra cui il Prof. Lavorino, l’ing. Di Mille e il dott. Delli Compagni, avrebbero completamente confutato le relazioni tecniche dei consulenti dell’accusa, invalidandole in maniera totale. Infine, è stato sostenuto che Santino Tuzi non avrebbe visto Serena Mollicone entrare in caserma la mattina dell’1 maggio 2001, smentendo così un altro punto chiave dell’accusa.

Al momento, è l’avvocato Marsella a prendere la parola, continuando a difendere strenuamente la famiglia Mottola e a smontare le accuse mosse contro di loro. Resta da vedere come evolverà la situazione in tribunale e quali saranno le conseguenze di queste argomentazioni sulla vicenda del Giallo di Arce.
E’ attesa dunque per il 12 luglio la sentenza del processo di appello per morte di Serena Mollicone, avvenuta ad Alatri (Frosinone) nel giugno del 2001. Due giorni fa il pg ha concluso la requisitoria, che era stata depositata nelle scorse settimane, chiedendo una condanna a 24 anni per il maresciallo Franco Mottola, a 22 per la moglie Annamaria e il figlio Marco.

 

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