Parenti del boss, sentenza cancella le accuse per il racket alle pompe funebri. Solo due condanne

PIGNATARO MAGGIORE. Si risolve in una bolla di sapone il processo per i parenti del defunto boss Lello Ligato, sotto processo nell’ambito dell’indagine sulla riorganizzazione del clan pignatarese. Il pubblico ministero aveva invocato 15 anni per Pietro Ligato, 10 anni e 10 mesi per Raffaele Antonio, 9 anni e 4 mesi per Felicia Ligato; 7 anni per Maria Giuseppa Lubrano e 4 anni per Fabio Papa. Pietro e Felicia sono fratelli, mentre la Lubrano è la loro madre. Rispondevano a vario titolo di estorsione, tentata estorsione e di lesioni personali, reati aggravati dalla finalità mafiosa.

In queste ore però il gup Antonio Baldassare ha condannato solo due dei cinque imputati, mandandone assolti tre. Tutti gli imputati sono stati assolti dall’accusa di estorsione aggravata dal metodo mafioso ai danni degli imprenditori delle pompe funebri. Gli unici condannati sono Pietro Ligato per tentata estorsione ai danni di un imprenditore (3 anni) e Fabio Papa per lesioni personali (1 anno e 2 mesi).

Le estorsioni tecnologiche

La prima estorsione, per la quale rispondono tutti e tre i figli, è stata commessa ai danni di un imprenditore titolare di un’azienda di pompe funebri, costretto a pagare a titolo di tangente somme periodiche di 3mila euro. Pietro Ligato risponde invece di una seconda estorsione realizzata nei confronti di un imprenditore che aveva acquistato all’asta una cappella gentilizia una volta appartenuta proprio ai Ligato, ma che a questi ultimi era stata sequestrata: Ligato jr – hanno accertato i carabinieri – avrebbe preteso la restituzione del bene o 18mila euro in contanti. Sempre Pietro Ligato con l’altro indagato Fabio Papa risponde anche dell’aggressione con spray urticante e tirapugni di un 56enne, avvenuto nel centro di Pignataro, e commessa con lo scopo di riaffermare il predominio dei Ligato sul territorio.

I carabinieri hanno effettuato anche delle perquisizioni a casa di Ligato jr e Papa, rinvenendo e sequestrando proprio il tirapugni e una bomboletta di spray, e tanti strumenti altamente tecnologici, come due droni professionali del valore di oltre cinquemila euro, di cui uno con telecamera termica per uso notturno, uno smartphone, un micro telefono, apparecchiature ricetrasmittenti, un disturbatore di frequenze radio digitali multiplo e varie batterie, anche di grandi dimensioni.

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