Manca l’acqua calda, scoppia la rivolta in carcere

CASSINO. Rumorosa protesta, ieri sera, presso la Casa circondariale di Cassino. Come spiega Maurizio Somma, segretario nazionale per il Lazio del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, “Ieri sera, alcuni ristretti hanno dato vista ad una rumorosa protesta per la mancanza di acqua calda nel carcere. Per Cassino, purtroppo, la situazione non è diversa dagli altri istituti penitenziari, ma è fondamentale che a fronte di disagi oggettivi l’Amministrazione penitenziaria sia celere nel porre rimedio”.

Somma informa anche ieri mattina, supportati da unità provenienti anche da altre carceri regionali e dalle Unità Cinofile del Corpo, il personale di Polizia Penitenziaria di Cassino aveva condotto una importante e fruttuosa perquisizione straordinaria: “i Baschi Azzurri hanno infatti esaminato e perquisito ogni anfratto della Casa circondariale di via Sferracavalli rinvenendo molti telefoni cellulari e diversi quantitativi di sostanza stupefacente. Alle colleghe ed ai colleghi che hanno partecipato giunga il plauso del SAPPE dopo l’ennesima brillante operazione, nonostante le difficoltà che attraverso l’istituto in termini di carenza di personale”, conclude Somma.

“Io credo che la Polizia Penitenziaria di Cassino”, commenta Donato Capece, segretario generale del SAPPE, “che pure ha dimostrato grande professionalità e senso del dovere, non debba pagare le tensioni legate ad una situazione di interventi di edilizia penitenziaria urgenti e non più rinviabili, e nemmeno deve essere messa nelle condizioni di vivere situazioni di alta tensione sotto il profilo della sicurezza e dell’ordine per i ricatti di alcuni ristretti violenti che evidentemente pensano di stare in un albergo e non in un carcere”. E sugli esiti della perquisizione mattutina esprime apprezzamento al personale del carcere teramano di Cassino ed a tutte le unità del Corpo di Polizia Penitenziaria giunte di rinforzo. Il leader del SAPPE rileva che nelle carceri italiane “il 30% circa dei detenuti è tossicodipendente ed anche più del 20% degli stranieri ha problemi di droga” e che ”nonostante l’Italia sia un Paese il cui ordinamento è caratterizzato da una legislazione all’avanguardia per quanto riguarda la possibilità che i tossicodipendenti possano scontare la pena all’esterno, i drogati detenuti in carcere sono tantissimi’. ‘Ogni giorno, la Polizia Penitenziaria porta avanti una battaglia silenziosa per evitare che dentro le carceri italiane si diffonda uno spaccio sempre più capillare e drammatico, stante anche l’alto numero di tossicodipendenti tra i detenuti. Noi – aggiunge – riteniamo sia preferibile che i detenuti tossicodipendenti, spesso condannati per spaccio di lieve entità, scontino la pena fuori dal carcere, nelle comunità di recupero, per attuare ogni sforzo concreto necessario ad aiutarli ad uscire definitivamente dal tragico tunnel della droga e, quindi, a non tornare a delinquere. Spesso, i detenuti tossicodipendenti sono persone che commetto reati in relazione allo stato di malattia e quindi hanno bisogno di cure piuttosto che di reclusione”.

Sul possesso ed uso di cellulari in cella, Capece evidenzia, infine, che “è sempre e solo grazie all’alta professionalità dei Baschi Azzurri della Polizia penitenziaria che ancora una volta si è riusciti a garantire la sicurezza interna degli istituti ed è positivo avere appreso dai vertici del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria che gli appelli lanciati dal SAPPE da tempo sarebbero stati finalmente raccolti tanto che si sta lavorando al progetto di schermatura degli istituti, proprio per neutralizzare l’utilizzo dei telefoni cellulari e scoraggiarne l’introduzione, garantendo così quella prevenzione che, in casi di questo tipo, può risultare più efficace della repressione”.

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