«In Campania assistiamo ad una vera “epidemia” di retinopatia diabetica, sono infatti moltissimi i pazienti affetti da diabete. È fondamentale che i cittadini conoscano i rischi di questa malattia e che si realizzi un miglior raccordo tra i Centri antidiabetici e le Unità Operative ospedaliere». A parlare è Mario Sbordone, chirurgo oftalmico e tra i maggiori specialisti per le malattie oculari.
«A causa dell’iperglicemia – spiega – i capillari vanno in sofferenza, si arriva ad una compromissione dei vasi che diventano permeabili. A livello dell’occhio questo genera ciò che in medicina si definisce “microangiopatia diabetica”, che comporta l’incapacità dei capillari di trattenere siero e sangue».
Sono quattro le diverse fasi della malattia che, se non diagnosticata e trattata, comporta la perdita della vista.
«La prima fase si ha quando si genera un accumulo di siero che determina un edema maculare. In questa fase, la macula (il centro della retina, ndr) appare come una spugna. Talvolta, con il siero trasuda anche del sangue, in questi casi si formano delle vere e proprie emorragie sulla retina».
In questo primo stadio l’obiettivo di cura è quello di evitare il prodursi di emorragie e ridurre l’edema maculare: «Lo si fa con iniezioni intravitreali che asciugano l’edema spugnoso». Purtroppo, però, molto spesso le diagnosi sono tardive. Se non curata, la malattia evolve e i capillari continuano ad “ammalarsi”. «In questa fase il pericolo è l’occlusione vascolare», prosegue lo specialista. «Il sangue non scorre bene all’interno dei vasi e, come avviene per il cuore, si creano delle zone di ischemia, in questo caso retinica».
In particolare, il rischio maggiore è che si generi uno stimolo biochimico alla formazione di neo-vasi, cioè nuove arterie e nuove vene. La retinopatia a questo punto diventa proliferante, con dei piccoli tralci di capillari che provocano gravi emorragie all’interno del vitreo e addirittura possono causare un distacco trazionale della retina».
Ultima fase: il glaucoma neovascolare. Sbordone spiega che è la peggiore. Anche perché, oltre alla perdita della vista, comporta per il paziente forti dolori. «La pressione dell’occhio sale a dismisura – dice – e questo genera delle fitte veramente insopportabili».
Ma, a quanti anni sarebbe bene sottoporsi ad accertamenti? Dipende dalla forma di diabete della quale si soffre: se il paziente è insulinodipendente anche in età giovanile. Il messaggio importante da trasmettere è che, se si intercetta, la patologia può essere tenuta sotto controllo, sia con iniezioni intravitreali che con trattamenti laser (a seconda dello stadio).
«Per arrivare ad una diagnosi – conclude lo specialista – basta un’attenta osservazione del fondo oculare, un esame OCT e la fluorangiografia».