NAZIONALE – La comodità era elevata, acquistare online, provare i capi o gli oggetti a casa e se non rispecchiavano i nostri gusti li spedivano indietro ottenendo il rimborso della somma. Ebbene ben presto non sarà più così. Sono tanti i colossi del commercio online pronti a cambiare le loro regole sul reso non offrendolo più in modo gratuito.
Il motivo è nobile: ufficialmente per ridurre l’impatto ambientale ma sulla carta i motivi sono di bilancio. I resi costano tantissimo alle aziende di ecommerce. E considerato che del fenomeno negli ultimi anni si è molto abusato, ecco che si sta decidendo di correre ai ripari. Solo negli Stati Uniti nel 2022, il 17% della merce acquistate è tornata indietro per costi pari a 816 miliardi di dollari e, secondo il Wall Street Journal, le aziende perdono il 50% del loro margine sui resi.
Motivo per cui più dell’80% dei rivenditori si è detta pronta ad inserire il reso a pagamento. All’estero colossi come Amazon, Zara, H&M, J.Crew, Yoox e Abercrombie & Fitch, hanno già annunciato la novità scaricando parte delle spese di reso sui consumatori. In questo modo si spera di abbassare la quota di articoli restituiti.
A fare da apripista Zara che nel Regno Unito ha fissato un addebito di 1,95 sterline a coloro che intendono restituire un capo comprato online tramite i punti di consegna gestiti da terze parti. Fanno seguito Asos, ma anche Uniqlo, Dillard’s, H%M, Jc Penney, J. Crew, Macy’S e Abercrombie & Fitch: tutti hanno stabilito dei prezzi per i resi.
In Italia al momento Zara prevede il reso gratuito solo se i capi vengono restituiti in negozio mentre Yoox non fa mai il reso gratuito. Probabile che nel lungo periodo altri colossi del commercio online possono adeguarsi a questa nuova politica e dire addio al reso gratuito. E così per ogni articolo restituito probabile l’addebito di una commissione sulla somma da rimborsare.