Mattanza, scontro sul riconoscimento degli agenti nei video: difesa incalza carabiniere

SANTA MARIA CAPUA VETERE. È scontro tra accusa e difesa, al processo per le violenze commesse dai poliziotti penitenziari ai danni dei detenuti nel carcere di Santa Maria Capua Vetere il 6 aprile 2020, in relazione ai riconoscimenti degli imputati sulla base delle immagini delle telecamere interne.

“Botte e risposte” che arrivano durante l’esame del teste Manlio Tammelleo, luogotenente dei carabinieri, che con il collega della Compagnia di Santa Maria Capua Vetere Vincenzo Medici ha effettuato, su delega della Procura, i riconoscimenti degli agenti e ascoltato dopo i fatti i detenuti vittime dei pestaggi.

“Le identificazioni degli agenti sono state fatte in modo suggestivo e in funzione dell’accusa” ha detto, nel corso dell’esame l’avvocato Carlo De Stavola, riferendosi ad un agente imputato per torture, ma che dalle immagini non si vede mentre usa violenze, che viene però riconosciuto grazie a frame della sala socialità, in cui sono avvenuti i pestaggi più rilevanti.

“C’è un’altra immagine dell’agente – prosegue il legale – mentre ferma gli altri colleghi, ma non l’avete usata, e invece ne avete usata una di trenta secondi prima”. Il Pubblico Ministero Alessandro Milita ribatte che “le identificazioni degli imputati non sono state fatte in funzione dell’accusa“, e il presidente del collegio della Corte d’Assise del tribunale di Santa Maria Capua Vetere Roberto Donatiello interviene con un modo di dire ironico.

“E poi dice che non siete cane e gatto”. A rincarare la dose l’avvocato Giuseppe Stellato, che assiste alcuni imputati tra cui Gaetano Manganelli, al momento dei fatti capo della polizia penitenziaria al carcere di Santa Maria Capua Vetere. “C’è un criterio con il quale avete scelto le immagini con cui identificare gli agenti?” “No” dice Tammelleo; “siamo in piena violazione dell’articolo 358 del codice di procedura penale” ribatte Stellato, che fa riferimento alla norma che obbliga il pm a trovare anche le prove a discarico di un indagato, e non solo le prove accusatorie. Un altro difensore, Gennaro Razzino, chiede esplicitamente al carabiniere se “avete avuto indicazioni dalla Procura su come procedere alle identificazioni”; “si” risponde il militare.

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