Tesoro del clan, ribaltone clamoroso per la famiglia del presunto socio

Casal di Principe. Il Gup di Napoli Linda Comella ha prosciolto in sede di udienza preliminare dall’accusa di riciclaggio e intestazione fittizia di beni con l’aggravante mafiosa, il 69enne Nicola Schiavone, ritenuto dalla Direzione Distrettuale Antimafia (sostituti Antonello Ardituro e Graziella Arlomede) storico socio e prestanome del capoclan dei Casalesi Francesco “Sandokan” Schiavone (i due non sono parenti).

Sentenza di proscioglimento anche per gli altri sette imputati, la moglie Teresa Maisto, i tre figli di Schiavone, Amelia, Oreste e Pasquale Gianluca, Michelangelo Regine, Vittorio Scaringi con la madre Anna Maria Zorengo, questi ultimi due ritenuti coloro che si sarebbero intestati parecchi beni di Nicola Schiavone al fine di nasconderne la provenienza illecita. Nello staff di difensori Umberto Del Basso De Caro, Elia Rosciano e Mario Griffo; la Procura aveva chiesto il rinvio a giudizio degli imputati. Il giudice per l’udienza preliminare ha in particolare prosciolto gli imputati dall’accusa di riciclaggio perché il fatto non sussiste e da quella di interposizione fittizia per non aver commesso il farro.

Il patrimonio di Nicola Schiavone, per un valore totale di quasi cinquanta milioni di euro, composto da 32 immobili situati ad Aversa, Giugliano in Campania (Napoli), Roma, Cerveteri e quasi un milione di euro di liquidi, fu fatto sequestrare dal tribunale di Napoli su richiesta della Dda il 3 maggio 2022, quando gli uomini della Dia di Napoli e del Nic del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, eseguirono 35 misure cautelari (17 in carcere, 17 domiciliari e un obbligo di presentazione) arrestando lo stesso Nicola Schiavone, il fratello Vincenzo, l’esponente di spicco dei Casalesi Dante Apicella (già detenuto da anni), imprenditori ritenuti in affari con la fazione Schiavone della mafia casalese, “colletti bianchi” del clan e dirigenti all’epoca dei fatti di Rete Ferroviaria Italiana.

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