San Felice a Cancello. Svolta importante per l’inchiesta sullo spaccio dei casari di Talanico guidati dal mastro Cesare Martone. Lo avevamo scritto nel giugno scorso che il pm della DDA li voleva tutti dentro e non solo i tre considerati i principali, quelli che sono nella foto di copertina: Cesare Martone, Michele Gilles Papa e Angelo Biagio Carfora. E quindi aveva fatto appello.
E’ notizia di queste ore che il tribunale del Riesame ha accolto solo parzialmente l’ipotesi associativa per questo gruppo, disponendo la misura cautelare sempre per gli stessi 3, quando il processo oramai è prossimo alla sentenza.
Quindi è stata esclusa l’associazione ad esempio per il barbiere Rino Di Rosa, considerato invece dall’accusa quasi alla stessa stregua del mastro casaro di Talanico e degli altri due compari. Stesso discorso per i fratelli Quartara, per Affinita, le due donne straniere, una delle quali è la compagna del casaro e anche per il casaro numero 2 Aniello.
Quindi nel verdetto del tribunale di Napoli risponderanno di associazione solo in 3, mentre per gli altri le pene saranno minori, e non è da escludere che potrebbero esserci anche delle assoluzioni
Nel collegio difensivo Giuseppina Di Nuzzo, Clemente Crici, Orlando Sgambati, Davide Pascarella, Giuseppe Dessì e Mauro Iodice.
(solo i suddetti sono ai domiciliari, mentre a piede libero sono)
Di fatto era la terza organizzazione della zona, dopo quella dei Sazioni, guidati da Alessio Biondillo e dei Cervinari con Antonio e Filippo Piscitelli. Chiaramente si occupavano prevalentemente della zona della bassa valle Caudina a San Felice e zone limitrofe stavano già questi.
Ecco cosa diceva il mastro casaro Martone nelle intercettazioni
Risulta evidente l’esistenza di una struttura organizzata, operativa in Campania nelle province di Caserta Benevento ed Avellino e principalmente nella zona della Valle Caudina, facente capo a Cesare Martone, che ha visto tra i suoi accoliti diversi componenti del suo nucleo familiare.
Si tratta di un’organizzazione che è risultata dedita stabilmente ed attraverso un consolidato modus operandi, al traffico di sostanze stupefacenti.
In particolare, la lettura incrociata di quanto, di volta in volta, è emerso dalle fonti di prova tecnica, dalle dichiarazioni degli abituali acquirenti, e dalle parallele attività investigative, ha consentito di delineare l’esistenza di una struttura che per quanto rudimentale, era organizzata in modo da garantire la soddisfazione delle continue richieste dei singoli assuntori di sostanza stupefacente che, per lo più previo contatto con il pusher ed utilizzando un linguaggio convenzionale, ricevevano laddove si trovavano, la consegna dello stupefacente provvedendo contestualmente a versare il corrispettivo.
E’ emersa la continuità dei traffici ed i precisi ruoli assunti dai co- indagati preposti taluni alla custodia ed altri alla preparazione delle dosi, altri ancor alla distribuzione itinerante delle dosi medesime.
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