Associazione dello spaccio guidata dal mastro casaro: chiesti 76 anni di galera

San Felice a Cancello/Arienzo/Airola. Lo scrivemmo lo scorso anno che la DDA di Napoli aveva messo nel mirino la gang dei Casari, l’associazione per lo spaccio della droga guidata dal mastro casaro Cesare Martone da Talanico. E così sta andando…

Oggi il pm De Ponte ha richiesto le condanne per quello che è stato un sodalizio attivo tra le due valli. Numeri che fanno tremare i polsi, anche perché stiamo parlando di un rito abbreviato.

Successivamente c’è stata la discussione degli avvocati difensori: Orlando Sgambati per di Rosa Pellegrino, Mauro Iodice e Giuseppe Dessì per Carfora Biagio, Davide Pascarella per Papa Michele Gilles e Giuseppina di Nuzzo per Affinita Giorgio.
Il processo è stato rinviato al 3 aprile per la discussione delle posizioni difese da Clemente Crisci, tra queste quella del capo promotore e poi i verdetti.

Ecco le richieste di condanna

 

(solo i suddetti sono ai domiciliari, mentre a piede libero sono)

Di fatto era la terza organizzazione della zona, dopo quella dei Sazioni, guidati da Alessio Biondillo e dei Cervinari con Antonio e Filippo Piscitelli. Chiaramente si occupavano prevalentemente della zona della bassa valle Caudina a San Felice e zone limitrofe stavano già questi.

Ecco cosa diceva il mastro casaro Martone nelle intercettazioni

Una struttura organizzata

Risulta evidente l’esistenza di una struttura organizzata, operativa in Campania nelle province di Caserta Benevento ed Avellino e principalmente nella zona della Valle Caudina, facente capo a Cesare Martone, che ha visto tra i suoi accoliti diversi componenti del suo nucleo familiare.

Si tratta di un’organizzazione che è risultata dedita stabilmente ed attraverso un consolidato modus operandi, al traffico di sostanze stupefacenti.

In particolare, la lettura incrociata di quanto, di volta in volta, è emerso dalle fonti di prova tecnica, dalle dichiarazioni degli abituali acquirenti, e dalle parallele attività investigative, ha consentito di delineare l’esistenza di una struttura che per quanto rudimentale, era organizzata in modo da garantire la soddisfazione delle continue richieste dei singoli assuntori di sostanza stupefacente che, per lo più previo contatto con il pusher ed utilizzando un linguaggio convenzionale, ricevevano laddove si trovavano, la consegna dello stupefacente provvedendo contestualmente a versare il corrispettivo.

E’ emersa la continuità dei traffici ed i precisi ruoli assunti dai co- indagati preposti taluni alla custodia ed altri alla preparazione delle dosi, altri ancor alla distribuzione itinerante delle dosi medesime.

Il tutto ha indotto è fondato la contestazione associativa.

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