CASAL DI PRINCIPE. Accolto in Appello il concordato per le posizioni degli imputati coinvolti nell’inchiesta sul racket delle mozzarelle e sull’imposizione dei prodotti ai caseifici delle province di Napoli e Caserta.
Il pm ha concordato le condanne a 4 anni e 10 mesi per Walter Schiavone, secondogenito di Sandokan, 8 anni e 2 mesi per Armando Diana, 7 anni e 10 mesi per Antonio Bianco e 1 anno e 10 mesi per Nicola Baldascino che risponde però di interposizione fittizia.
In primo grado il gup Ivana Salvatore aveva condannato a sette anni di reclusione, riconoscendo l’attenuante riservata ai collaboratori di giustizia, Walter Schiavone, 12 anni e 8 mesi di carcere gli imputati Armando Diana e Antonio Bianco e a 2 anni e 8 mesi Nicola Baldascino. Schiavone, Bianco e Diana, sono stati ritenuti colpevoli di associazione camorristica e concorrenza illecita.
Nel corso del processo Walter Schiavone (difeso dall’avvocato Domenico Esposito) ha ammesso di aver avviato il business delle mozzarelle all’inizio degli anni duemila, con l’altro esponente del clan Roberto Vargas (collaboratore di giustizia). Schiavone jr ha anche raccontato di aver incontrato un altro rampollo del clan, quel Filippo Capaldo nipote del “superboss” Michele Zagaria che per la Dda avrebbe controllato attraverso imprenditori collusi numerosi supermercati.
Schiavone jr voleva piazzare i propri prodotti caseari in un esercizio commerciale che faceva capo a Capaldo così i due giovani boss si incontrarono varie volte, e la questione si risolse. Schiavone e i suoi complici, sfruttando il nome del clan, acquistavano latticini a prezzi bassi (talvolta neppure li pagavano) dai caseifici, in particolare della penisola sorrentina, per imporli alle ditte del settore tra Caserta e Napoli. Del collegio difensivo hanno fatto parte anche gli avvocati Giuseppe Stellato, Ferdinando Letizia e Romolo Vignola.