SANTA MARIA CAPUA VETERE. Ultima udienza dell’anno del processo nei confronti di 105 imputati tra poliziotti penitenziari, medici e funzionari del Dap (Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria) per le violenze ai danni di detenuti avvenute al carcere di Santa Maria Capua Vetere il 6 aprile del 2020.
Il processo è in corso all’aula bunker del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere; la struttura che ospita il bunker sorge all’interno dello stesso carcere in cui sono avvenute le violenze. L’udienza si è concentrata ancora sulle questioni preliminari, in particolare sulle due istanze di nullità del decreto che dispone il giudizio presentate dagli avvocati di alcuni imputati (tra cui i difensori di imputati di peso come l’ex capo dei poliziotti del carcere Gaetano Manganelli e l’ex provveditore campano Antonio Fullone), in cui si sollevano eccezioni di incostituzionalità per violazione del diritto di difesa per presunte omissioni da parte della Procura circa il mancato o incompleto deposito di atti di indagine (immagini telecamere videosorveglianza interne del carcere, brogliacci messaggistica WhatsApp).
La Procura ha depositato memoria ricognitiva con l’indice degli atti depositati, e il pm Alessandra Pinto ha spiegato che “tutti gli atti di indagine sono sempre stati a disposizione delle parti, che possono acquisirne copia, e che il mancato trasferimento nel fascicolo del Gip e poi del dibattimento di alcuni atti, come i brogliacci dei messaggi o tutte le immagini interne relative al 5 aprile (giorno precedente a quello delle violenze, ndr) non viola l’attuale normativa; in ogni caso tali atti sono custoditi nell’ufficio di Procura e disponibili per le parti”. Il presidente della Corte d’Assise Roberto Donatiello ha chiesto a tutti gli avvocati di presentare memorie in relazione alle questioni di costituzionalità qualche giorno prima dell’udienza programmata per il prossimo 9 gennaio, quando si deciderà sulla rilevanza della questione, e in caso di non ammissione delle istanze, si darà il via all’attività istruttoria.
“Chiediamo al ministro della giustizia Nordio di rivedere le singole posizioni degli agenti sospesi per i noti fatti del carcere di Santa Maria Capua, perché non è più tollerabile che più di un centinaio di agenti siano sospesi da più di 18 mesi dal servizio. Ormai a pagare lo scotto per quanto accaduto il 6 aprile 2020 non sono solo gli agenti imputati, che ricordiamo non sono ancora condannati ed innocenti fino a sentenza definitiva, ma anche le loro famiglie che versano in difficoltà economiche, visto che lo stipendio dei poliziotti sospesi si riduce progressivamente col passare dei mesi”.
Così in una nota i sindacalisti della polizia penitenziaria Giuseppe Moretti e Ciro Auricchio, rispettivamente presidente nazionale e regionale campano dell’Uspp (Unione sindacale Polizia Penitenziaria) intervengono sulla situazione di decine di poliziotti penitenziari sotto processo al tribunale di Santa Maria Capua Vetere, sospesi dal giugno 2021. I sindacalisti temono anche “le lungaggini dei processi”, e ribadiscono “che bisogna dotare la polizia penitenziaria di un preciso e chiaro protocollo di ingaggio in caso di eventi critici come quello che hanno visto protagonista l’istituto di pena casertano, nonché strumenti come le bodycam e dissuasori elettrici per difendere legalità e sicurezza nelle carceri”.
Già nei giorni scorsi, il provveditore delle carceri campane Lucia Castellano aveva auspicato che il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (Dap) distinguesse le singole posizioni degli agenti imputati al fine di disporre l’eventuale reintegro in servizio almeno di quelli che avevano avuto un ruolo minore durante le violenze del 6 aprile 2020.