Presentazione del libro “‘O contranomme” di Fiorenzo Marino: identità e cultura del cuore casertano

SUCCIVO – Martedì 27 dicembre, presso l’auditorium “Paolo VI”, in piazza IV novembre a Succivo, si terrà la presentazione del volume “‘O contranomme, la definizione dell’identità in un piccolo comune del casertano” (Frammenti editore) di Fiorenzo Marino, acuto osservatore della realtà storico-culturale del territorio attraverso opere di saggistica o narrativa. Il suo ultimo romanzo storico, “Il berretto di Squille” (Edizioni Spartaco, 2019), è stato anche adattato per il grande schermo.
Partendo da una puntuale classificazione dei soprannomi locali, Marino traccia il percorso storico – antropologico d’un intero gruppo sociale, fatto di storie, di volti, e di legami che rendono una realtà urbana conchiusa, “un piccolo comune del casertano”, come suggerito dall’autore, un vero e proprio modello di ricostruzione dell’identità culturale.
Ne parliamo con Marino, che ha acconsentito a rispondere ad alcune domande.
‘O contranomme: cos’è veramente e qual è la sua importanza?
‘O contranomme è l’etichetta popolare, la carta d’identità rilasciata dal comune sentire nella realtà corcoscritta del paese. E’ importante perché rappresenta la sedimentazione culturale che non si scrosta. Resiste e si tramanda nel tempo. Oggi corre il rischio di perdersi. Da qui l’esigenza -almeno nella realtà presa in esame-  di farne una sorta di catalogo, di spiegarne le origini – là dove è stato possibile- e parallelamente di tentarne una narrazione.
Da dove viene questa necessità di dedicarsi ai soprannomi?
Dalla preoccupazione che si possano perdere le tracce di tali “contranommi” insieme alle storie ad essi connesse. Oggi tendiamo a parlare molto di noi stessi, di ciò che ci circonda, poco degli altri, di chi, e come, ha vissuto in passato.
 
Nella prefazione al suo libro, Augusto Ferraiuolo scrive: “Ogni ‘contranomme’ presuppone una storia”. Come si parte dai soprannomi per la ricostruzione delle storie di una realtà urbana?
Recuperando il contatto con i referenti, con coloro i quali sono ancora in grado di ricostruire tali storie o attingendo alla propria memoria personale per quanti ho avuto la possibilità di conoscere direttamente. Ne viene fuori una trama ricca di aneddoti dalla quale si ricava uno spaccato significativo di una piccola realtà sostanzialmente rurale, rimasta immutata per tanto tempo in questa dimensione, con una sua particolare visione del mondo. Con i suoi pregi e con i suoi difetti, naturalmente.
È possibile, secondo lei, tracciare una sorta di articolata “mappa dell’identità”, un modello identitario esemplare, per intenderci, partendo da un piccolo contesto urbano?
Il modello identitario nasce sul campo: il tic, il difetto fisico e morale, l’atteggiamento, l’attività, la vicenda personale, quella eccezionale di cui si è reso protagonista il portatore del soprannome, l’accostamento (per analogia o per contrapposizione, ironica, sarcastica) ai grandi personaggi. Ne viene fuori un identi-kit nuovo, immediato, che la forza calda dell’inventiva popolare conia d’istinto. Il “contranomme” quindi si radica e si diffonde e si fissa per sempre nell’immaginario della comunità. Questa “mappa”, secondo me, fatte le dovute differenze (linguistiche, sociali, economiche) è applicabile in maniera diffusa anche in altri contesti urbani.
Esistono ancora i soprannomi oggi, e hanno lo stesso peso di un tempo?
Sì, esistono ancora, ma nascono e si diffondono  in aree specifiche (penso a un ambiente di lavoro, a un ufficio, a gruppi giovanili), ma non hanno e non possono avere lo stesso peso di un tempo per una semplice ragione:  è cambiato il modo di vivere, è cambiata la società, l’economia. L’indagine proposta, a mio avviso, è interessante proprio per questo, perché il soprannome, diffuso, capillare, unico tratto distintivo appare come la cartina di tornasole di una microcosmo sociale.  

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