Lo scandalo dei Caf: mille euro per inventare un post di lavoro e ottenere i bonus

CASERTA. Gestivano due centri di assistenza fiscale (Caf) a Torino, diventati punti di riferimento per stranieri – in particolare egiziani, senegalesi, pakistani, nepalesi e cittadini del Bangladesh – che attraverso questi sportelli riuscivano a ottenere sussidi dallo Stato italiano (reddito di cittadinanza, indennità di maternità, bonus baby sitter, bonus fiscali e sostegni per il Covid, Naspi) e altri benefici, tra cui il rilascio e il rinnovo dei permessi di soggiorno e rimborsi Irpef. E poi da lì si spostavano ovunque, grazie a diramazioni in Campania e alla stessa provincia di Caserta.

Mille euro per un posto fantasma

Ai ‘clienti’ veniva chiesto di pagare presunte ‘tasse’, circa mille euro a pratica, come corrispettivo per i vantaggi che avrebbero ottenuto dalle provvidenze statali percepite indebitamente. I due Caf sono stati sequestrati. Verso l’estero, fra il 2015 e il 2020, l’organizzazione è riuscita a ‘esportare’ oltre mezzo milione di euro accumulato illecitamente.

Sette persone sono state arrestate dalla guardia di finanza di Torino per associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Tre sono in carcere, quattro agli arresti domiciliari, per un’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip di Torino su richiesta della Direzione distrettuale antimafia.
Nei loro confronti è stato disposto anche il sequestro di profitti illeciti per circa 150 mila euro.

Le intercettazioni

L’indagine, avviata ai primi del 2020, s’inquadra nell’operazione ‘Terra promessa’ che ha consentito di individuare il gruppo di sette persone – tre egiziani, un romeno, due italiani e un bengalese – con base a Torino e ramificazioni in diverse province d’Italia,. Dopo pedinamenti e intercettazioni telefoniche e ambientali i finanzieri hanno contestato agli indagati una serie di reati: oltre all’associazione per delinquere, truffa aggravata ai danni dello Stato, falsità ideologica e sostituzione di persona.

L’organizzazione, attiva da almeno dieci anni, si serviva di imprese e società fittizi e inattivi per attivare rapporti di lavoro simulati e finti contratti di locazione immobiliare, oltre che per firmare false dichiarazioni di disponibilità ad assumere, in modo da consentire non solo il rilascio e il rinnovo di permessi di soggiorno a stranieri ma anche di far ottenere loro benefici economici da Inps e Agenzia delle entrate.

Il giro dei soldi

Le somme indebitamente ottenute finivano nei conti correnti e nelle carte di pagamento dei beneficiari attivate a loro nome dall’organizzazione, che si serviva della collaborazione e dei servizi professionali di altre persone, anche italiane.

Le società ‘fantasma’ servivano agli indagati per aprire finte posizioni lavorative per braccianti agricoli o collaboratori familiari. Ne sono state accertate 65, oltre a 600 certificazioni uniche non veritiere, per un ammontare di oltre 6,5 milioni di euro: servivano per simulare posizioni reddituali sia per favorire l’ingresso in Italia di stranieri e ottenere indebiti rimborsi fiscali.

Le assunzioni fittizie negli anni hanno generato debiti verso l’Inps per un totale di 350 mila euro, per mancato versamento dei contributi previdenziali e assistenziali.

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