Imprenditore pentito, le prime dichiarazioni: “Ho partecipato a omicidi”. Indagini su delitti eccellenti

MARCIANISE. Sembrava un personaggio quasi minore nella galassia dei Quaqquarone ed invece il pentito dell’imprenditore Agostino Piccolo rischia di creare un autentico scossone nella camorra marcianisana. Le sue prime dichiarazioni sono state depositate questa mattina nel processo al clan Piccolo per il quale è imputato e rischiano di dare il via ad uno tsunami.

Piccolo ha ammesso di essere entrato nel clan dei cugini Achille Piccolo ’75 e ’78 ad appena 15 anni e che il ruolo era quello delle estorsioni. Però i fatti di sangue li conosce per avere partecipato ad alcuni omicidi. Al momento c’è massimo riserbo su circostanze e nomi. I verbali sono zeppi di omissis, ma quella stagione della quale si sta parlando è una delle più sanguinarie della storia di Marcianise.

Tra i delitti marchiati Quaqquarone finiti al centro dell’attenzione dell’Dda ci sono quelli del 1997. In particolare quello di Raffaele Porfidia, ucciso al bar davanti moglie e figlio. Quello di Carlo Barone, avvenuto sempre nel 1997. E ci sono poi i delitti del 1996, che lasciarono sull’asfalto Giuseppe Salzillo e due componenti della famiglia Ascanio. Tra le vittime per le quali si potrebbe aprire un’inchiesta ci sono anche Antonio Castracane e Vincenzo De Simone. Impossibile dire ora precisamente su quali e che in modo Piccolo abbia messo lo zampino.

L’inizio della collaborazione

A fine luglio l’imprenditore edile Agostino Piccolo ha deciso di collaborare con la giustizia. Il pubblico ministero della Dda di Napoli Raffaele Francesco ha formalmente comunicato in aula poche settimane fa al gup Provvisier il pentimento dell’imprenditore Piccolo, che è il cugino del boss Achille Piccolo. Un pentimento che fa scalpore quello dell’imprenditore, parente sia di Achille Piccolo 1975 che dell’omonimo del 1978: prima del blitz era infatti incensurato. Residente a Marcianise, dopo l’operazione Agostino Piccolo era recluso nel carcere di Vibo Valentia.

A fine luglio la Procura di Napoli (Direzione Distrettuale Antimafia) ha chiesto il rinvio a giudizio per sette persone ritenute organiche al clan camorristico Piccolo-Letizia, operante nei comuni di Marcianise e Capodrise.

I Piccolo-Letizia sono storicamente rivali dell’altro clan attivo da decenni a Marcianise, i Belforte, ma negli ultimi anni, complici alcune scarcerazioni e soprattutto le tante inchieste che hanno indebolito i Belforte, hanno ripreso forza sul territorio.

Il pizzo con le scarpe

Tra gli episodi estorsivi contestati quello relativo all’azienda che a Marcianise svolge il servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani, la “società consortile Marcianise servizi arl”, il cui titolarei ha versato agli emissari del clan, in particolare ad Amedeo Belvisto, somme tra i 2 e i 3mila euro prima delle festività di Pasqua e Natale negli anni 2014 e 2015; qualche anno dopo, nel 2019, gli imputati Agostino Piccolo e Gaetano Monica non sono riusciti invece a farsi pagare dalla stessa azienda, per il rifiuto di un dipendente che era stato avvicinato.

In altre circostanze è emerso come gli estorsori, in mancanza di soldi, non disdegnassero di prendersi dagli operatori economici anche prodotti, senza ovviamente pagarli; è il caso di Gaetano Monica, che viene intercettato mentre “preleva” alcune paia di scarpe Nike e Fila nel negozio di un imprenditore taglieggiato. Almeno sette estorsioni non sono state consumate per il rifiuto

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