AVERSA/CASALUCE. Ci sono anche i fratelli Chirico, noti imprenditori del caffè tra le persone arrestate ieri dalle fiamme gialle in un’operazione della Procura di Napoli.
I due sono accusati di aver fornito un capannone nell’alto Casertano per estrarre la droga nascosta nei chicchi di caffè macinato. Lo stupefacente veniva nascosto nei carichi provenienti dal Sudamerica. Otto persone sono state arrestate dalla Guardia di Finanza. In carcere sono finiti Fabrizio Barbati, 33 anni di Napoli, Raffaele Barca, 52 anni, di Napoli, Fernando Chirico, 49 anni di Casaluce, Virgilio Chirico, 50 anni di Aversa ma domiciliato a Galluccio, Antonio De Masi, 66 anni di Napoli, originario di Montesarchio, Adriano Manca, 43 anni di Torre Annunziata, Maurizio Manca, 43 anni di Torre Annunziata, Luigi Nocera, 48 anni dI Giugliano. Obbligo di dimora per Alessandro Basile, 48 anni di Agropoli. Sono accusati di associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti nonchè di importazione e detenzione di ingenti quantitativi di droga.
I militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Napoli hanno eseguito un’ordinanza di applicazione di misure cautelari personali emessa dal GIP del Tribunale di Napoli, su richiesta della Procura della Repubblica di Napoli – Direzione Distrettuale Antimafia, a carico di nove persone (otto delle quali sottoposte a custodia cautelare in carcere e una all’obbligo di dimora nel Comune di residenza nonché di presentazione alla p.g.), gravemente indiziate di associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti nonché di importazione e detenzione di ingenti quantitativi di droga.
Le indagini, svolte dai finanzieri del Gruppo di Investigazione sulla Criminalità Organizzata, avrebbero consentito di disvelare l’operatività di un sodalizio criminale, con base operativa in provincia di Napoli, dedito all’importazione dalla Colombia e da Panama di ingenti partite di cocaina “sintetizzata” in merce di copertura (fertilizzante organico e caffè macinato).
Lo stupefacente, trasferito via mare all’interno di container, una volta giunto sul territorio nazionale, attraverso complessi processi chimici, sarebbe stato estratto dal carico di copertura e, dopo una miscelazione con sostanze da taglio, immesso nel mercato clandestino napoletano. L’importazione di droga sarebbe avvenuta in base a fittizie operazioni commerciali riconducibili a società create ad hoc per dissimulare gli illeciti traffici. Il provvedimento eseguito è una misura cautelare, disposta in sede di indagini preliminari, avverso cui sono ammessi mezzi di impugnazione, e i destinatari della stessa sono persone sottoposte alle indagini e quindi presunte innocenti fino a sentenza definitiva