MARCIANISE. Il caso di Raffaella Maietta ancora sotto la lente d’ingrandimento degli inquirenti : ci potrebbe essere un altro testimone chiave per fare la quadra.
Un operaio, silenzioso per conoscenti e amici, ma su quale ora ora incombono delle ombre. Quando era in vita Raffaella Maietta non ha mai denunciato il marito Luigi Di Fuccia. Per l’uomo, dopo che la moglie si e’ suicidata il 5 maggio scorso lanciandosi sui binari di un treno in corsa, nella stazione ferroviaria di Marcianise, e’ scattata nei giorni scorso un’ articolata informazione di garanzia per il reato di maltrattamenti in famiglia.
Non è indagato dunque per la morte, ma per alcuni episodi avvenuti prima di quella tragedia. Le indagini hanno ipotizzato, infatti, un quadro familiare di “vessazioni fisiche e psicologiche” nei confronti della donna, spesso costretta a sottrarsi che coinvolge il marito Luigi Di Fuccia, manovale 66enne di Marcianise. Lo scenario che stanno valutando gli inquirenti è quello di aggressioni e minacce, con Raffaella che però non si è mai decisa a denunciarlo, decidendo di porre fine da sola nella maniera piu’ drammatica alla propria esistenza colma di sofferenza.
Sequestrato il cellulare della vittima da parte del magistrato dopo che lei si e’ suicidata e’ scattata l’inchiesta e un testimone chiave si e’ deciso a parlare diventando una gola profonda e riempendo fiumi e fiumi di pagine di interrogatori rivelando cosi tutti i retroscena drammatici dell’accaduto. Ora la vicenda continua ad essere oggetto di accertamento da parte della magistratura che mira a far emergere la verita’ alla luce di quanto emerso dalla trascrizione del telefono sequestrato della povera Raffaella e delle ulteriori testimonianze come quelle di una donna che lo scorso anno trascorse un mese intero al mare con Raffaella e certamente fu destinataria delle sue intime confidenze. Questo nuovo elemento potrebbe essere la svolta.