Voto e clan, i 71 documenti di Cosentino contro le accuse dei figli dei padrini

CASAL DI PRINCIPE/CASERTA. Come i giudici di primo grado, anche quelli d’Appello non hanno concesso le attenuanti generiche a Nicola Cosentino, ritenendo l’insussistenza di “elementi da valutare positivamente in favore dell’imputato, dovendosi escludere di poter valutare in tal senso la condotta dell’imputato che, a prescindere dal comportamento processuale collaborativo nell’acquisizione di atti e documenti, è sempre rimasta improntata, nel giudizio di primo grado e nel presente giudizio, alla negazione dei fatti, fatta eccezione per quelli soli per i quali era lampante la prova”.

I giudici della Corte d’Appello di Napoli oltre un anno fa condannarono l’ex uomo forte di Forza Italia in Campania a dieci anni di carcere per concorso esterno in camorra, nel processo cosiddetto Eco4 sull’infiltrazioni politico-mafiose nel settore dei rifiuti. Le motivazioni sono state depositate il 21 luglio scorso, ad un anno esatto dall’udienza in cui fu letta la condanna contro cui i legali di Cosentino – Stefano Montone, Agostino De Caro ed Elena Lepre – faranno ricorso in Cassazione.

I giudici di appello hanno inoltre ritenuto rilevanti per la condanna le dichiarazioni accusatorie entrate nel processo d’appello e provenienti dai collaboratori di giustizia Nicola Schiavone e Raffaele Bidognetti, figli dei capiclan dei Casalesi Francesco Schiavone noto come “Sandokan” e Francesco Bidognetti (Cicciotto e Mezzanotte), che hanno confermato l’accordo illecito – voti in cambio di favori – stretto da Cosentino con il clan dalla fine degli ’80. La difesa dell’ex sottosegretario aveva presentato 71 documenti per confutare le dichiarazioni soprattutto di Schiavone jr, ma la Corte non li ha accolti. Anche i giudici di primo grado si erano basati sul racconto di pentiti – non dei due rampolli del clan che ancora non avevano scelto di collaborare – per condannare Cosentino per gli anni antecedenti al 2004.

I favori elettorali

Cuore del processo il controllo politico-camorristico, accertato da numerose sentenza irrevocabili, del Consorzio rifiuti Caserta4, ente pubblico che all’inizio degli anni 2000 raccoglieva l’immondizia in venti comuni del Casertano attraverso la società privata Eco4 dei fratelli Orsi, uno dei quali, Michele, ucciso dai killer del boss Giuseppe Setola nel 2008; l’altro fratello, Sergio, pochi mesi fa è stato arrestato, dopo aver scontato la condanna per Eco4, per una vicenda di corruzione che ha coinvolto il Cira di Capua (Centro ricerche aerospaziali). Per i giudici di primo grado e d’appello, Cosentino avrebbe permesso ad Eco4 di accaparrarsi appalti in tutti i comuni in cambio di assunzioni e voti, intervenendo presso la prefettura di Caserta per far avere alla società la certificazione antimafia e in un altro caso, per evitare che fosse sciolto per camorra il Comune di Mondragone, circostanza che avrebbe determinato il cambio di maggioranza nel consorzio Ce4 con problemi alla società Eco4.

Sono questi sostanzialmente i favori che per i giudici testimoniano la continuità di rapporti tra Cosentino e il clan, oltre che l’appoggio elettorale garantito ad ogni elezione, come riferito dai pentiti. Appoggio che per i giudici d’appello ci sarebbe stato anche alle elezioni provinciali del 2005, in cui Cosentino uscì sconfitto, e che per i giudici di primo grado avevano costituito il momento in cui si era interrotto l’accordo illecito.

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