Carabinieri a cena nell’ora del delitto e “amico” del sindaco pestato: “Individuato falso colpevole”

MADDALONI/CASAGIOVE/AVERSA. Due minuti dopo l’omicidio con nove colpi di pistola del sindaco di Pollica Angelo Vassallo, sul telefono del tenente colonnello Fabio Cagnazzo (originario di Aversa) arriva una telefonata da parte del carabiniere Luigi Molaro, all’epoca suo braccio destro, rimasta senza risposta; subito dopo i due si incontrano a cena e poi comincia la loro presunta attività di “sviamento delle indagini”.

Si tratta di “dati inquietanti”, secondo la Dda di Salerno, che ha perquisito e indagato i due militari dell’Arma insieme a un terzo ex sottufficiale, Lazzaro Cioffi (originario di Maddaloni, residente a Casagiove e ai domiciliari in Calabria per altra inchiesta), i quali sono accusati anche dell’omicidio proprio perchè i successivi depistaggi sarebbero stati, appunto, “preordinati”.

Il tenente colonnello Cagnazzo, emerge dall’inchiesta, era un “grande amico” dei fratelli Domenico, Giovanni e Federico Palladino, imprenditori di Acciaroli e ritenuti parte attiva nel traffico di droga la cui scoperta da parte del ‘sindaco pescatore’ gli sarebbe costata la vita. Cagnazzo, si legge negli atti dell’inchiesta, “aveva indirizzato in varie occasioni presso la struttura alberghiera ‘Tre palme’ dei Palladino le famiglie di collaboratori di giustizia appartenenti a clan camorristici del napoletano”. Inoltre, avrebbe agevolato un progetto imprenditoriale dei tre, riguardante la gestione di alcune pompe di benzina, consigliando loro di coinvolgere anche il suo fidato carabiniere Cioffi.

I movimenti sul luogo del delitto

La cosa che insospettisce gli inquirenti è quello che viene definito l’ “attivismo” di Cagnazzo e Molaro, ufficialmente in vacanza ad Acciaroli, subito dopo l’omicidio di Vassallo. Cagnazzo, infatti, si trova sul luogo del delitto al momento dei rilievi effettuati dalla polizia giudiziaria competente; sente “informalmente” un possibile testimone (un altro carabiniere che viveva lì vicino) e poi, insieme a Molaro, si impossessa delle registrazioni delle telecamere di sorveglianza di un esercizio commerciale: riprese utilizzate, secondo l’accusa, “per indirizzare le attività investigative” nei confronti di uno spacciatore che con l’omicidio non aveva nulla a che fare. Secondo la Dda di Salerno è un’attività che nel suo complesso costituisce un “palese travalicamento delle proprie competenze da parte dell’ufficiale e del suo ex subordinato” e che, “allo stato degli atti, appare di oggettivo depistaggio delle investigazioni”. Un depistaggio, però, che non sarebbe stato improvvisato dopo l’omicidio ma studiato a tavolino, “preordinato”, appunto. A sostegno di questa ipotesi gli inquirenti collocano, tra l’altro, “i dati inquietanti costituiti dalla chiamata rimasta senza risposta ricevuta da Cagnazzo alle ore 21.14 del 5 settembre 2010, proveniente dal carabiniere Molaro, con il quale egli si sarebbe unito pochi istanti dopo per partecipare ad una cena”.

Tutto ciò, “in perfetta coincidenza temporale con l’agguato al sindaco (esattamente due minuti dopo)” ed anche con una “aggressione intimidatoria posta in essere dall’ufficiale nei confronti” di un personaggio che aveva frequentato assiduamente Vassallo nei giorni precedenti l’uccisione e che, subito dopo, aveva riferito a più persone che il sindaco aveva scoperto il traffico di droga in cui i fratelli Palladino e Cagnazzo sarebbero stati coinvolti (l’uomo venne “picchiato violentemente ad Acciaroli” il 10 ottobre 2010). Queste circostanze, scrive sempre la Dda, “lasciano allo stato ritenere, sul piano indiziario, la possibilità che il successivo intervento depistatorio realizzato dal tenente colonnello Cagnazzo e da Molaro potesse essere stato preordinato, con evidenti ricadute in tema di loro responsabilità quanto al reato di omicidio volontario”.

 

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