Niente liberazione anticipata, stangata per il cognato del boss

MARCIANISE. Nessuno sconto, niente liberazione anticipata. La Corte di Cassazione chiude a doppia mandata le porte del carcere per Giuseppe Buttone, per tutti Pino, con una decisione le cui motivazioni sono state rese note in queste ore.

L’imprenditore del settore rifiuti, cognato del capoclan Domenico Belforte che ha sposato sua sorella Maria,  aveva presentato ricorso dopo la decisione del tribunale di sorveglianza di Milano (dove Buttone era recluso al regime del 41bis) che nel 2020 aveva rigettato l’istanza di liberazione anticipata: in ballo c’erano sei mesi di detenzione inficiati da alcuni rapporti discpilinari che minavano qualsiasi possibile rieducazione. Le infrazioni si riferivano a condotte comunicative ritenute illegittime con l’aggiunta dell’episodio del passaggio di un oggetto. Per questo il ricorso è stato ritenuto infondato.

Buttone, cognato del capoclan Domenico Belforte che ha sposato sua sorella Maria, aveva chiesto nel 2018 la revoca del regime del 41bis che gli era stato inflitto per la sua caratura all’interno della cosca. Buttone era ritenuto infatti l’uomo di raccordo tra politica, imprenditoria e camorra, con un ruolo centrale nell’ecomafia. All’epoca sotto la lente della magistratura erano finiti anche i messaggi veicolati all’esterno attraverso le lettere, i contatti con i detenuti durante le ore di lavoro e i colloqui con i familiari.

 

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