Usura e clan, 6 a rischio processo: ci sono neopentito e patron dei supermercati

MARCIANISE. Usura e clan, sei verso il processo: ci sono pure patron dei supermercati e neopentito. I pm della Dda Luigi Landolfi e Vincenzo Ranieri hanno chiuso le indagini e chiesto il rinvio a giudizio per i sei indagati coinvolti nel blitz del 31 gennaio portato a termine dalla Guardia di Finanza di Marcianise.

In quell’occasione furono arrestati i due Buonanno, Gennaro e Giovanni e il patron dei supemercati Pellicano, Paolo Sicliano, poi liberato dieci giorni dopo. E’ stato chiesto il rinvio a giudizio dunque per Gennaro Buonanno, Giovanni Buonanno, Paolo Siciliano, Michele Campomaggiore, Claudio Buttone (pentito) e Angioletto Giuliano. Di grande interesse soprattutto la posizione di Giovanni Buonanno, il 41enne figlio del ras “Gnucchino” che ha inviato un percorso di collaborazione poco dopo la scarcerazione seguita a questo blitz.

Buonanno jr era stato messo in carcere ma il gip gli revocò dopo una settimana la misura rimettendolo ai domiciliari. Proprio facendo leva sulla lunga detenzione casalinga precedente all’arresto, la difesa di Buonanno riuscì a dimostrare che il 41enne all’epoca del contestato reato di estorsione era agli arresti domiciliari, facendo di fatto decadere l’esigenza cautelare per uno dei due capi.

L’inchiesta

Secondo quanto emerso dagli accertamenti realizzati dai finanzieri della Compagnia di Marcianise, Siciliano (arrestato ed anche lui ora libero) avrebbe incassato gli assegni provento di usura per conto dei fratelli Buonanno; si tratta di una somma di 85mila euro che sarebbe poi stata riutilizzata dall’imprenditore per le proprie attività commerciali.

I finanzieri hanno anche sequestrato agli indagati, su ordine del Gip, la somma di 240mila euro. La vittima è un imprenditore di Marcianise cui i Buonanno avrebbero prestato soldi con tassi di interesse dal 120% al 130% annui. In particolare all’operatore economico sono stati fatti vari prestiti per un totale di 60mila euro, e in un solo anno ha restituito a titolo di interesse 30mila euro. Per l’accusa in un’occasione, tra novembre e dicembre del 2015, la vittima sarebbe stata costretta a salire in un’automobile e minacciata di morte dai Buonanno per farsi consegnare i soldi del prestito, oltre che un “regalo” di 2mila euro per il clan Belforte in occasione delle festività natalizie; fatto non concretizzatosi perché l’imprenditore si è opposto.

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