Nel Casertano case in vendita a un euro: già 200 richieste al Comune

 

PIETRAMELARA. Sono già duecento le richieste giunte al Comune di Pietramelara per l’acquisto di una casa al prezzo simbolico di un euro. L’obiettivo è quello di ripopolare il borgo e a quanto pare l’Ente, l’unico di Terra di Lavoro ad aver aderito a quest’iniziativa, sta raggiungendo il proprio scopo.

L’avviso del Comune

Case a un euro, ma anche incentivi dello stato centrale per ripopolare il paese: uno dei più incantevoli e caratteristici della provincia casertana, a pochi chilometri dall’uscita del casello della A1 di Caianello.

Pietramelara, con una popolazione di poco meno di 5000 abitanti, è posto all’ombra del Monte Maggiore e il suo complesso storico sorge su un’altura che domina tutta la “piana dei 5 castelli”.

La grande porta di accesso al borgo “Porta della Madonna della Libera”, fa da ingresso al magnifico borgo antico sul quale svetta, in posizione dominante, l’antichissima torre di avvistamento.

L’ambiente e la natura incontaminata si sposano con l’ospitalità e la gentilezza delle persone, valori che hanno un’antica tradizione in queste terre dell’alto casertano, ai confini con il Molise e il basso Lazio.

Quel che ci si aspetta, qui c’è!

Ma c’è qualcosa in più: una cornice irripetibile, tutt’intorno, al borgo da fiaba, incantato, perfetto per vivere la magia dei secoli passati in un paesaggio ancora vergine e intatto, dove la storia si unisce alla natura.

Qui il tempo sembra essersi fermato, all’ombra dei vicoli, degli archi e dei sottopassi, intrecciati in un dedalo magico e, contornato dalle antiche dodici torri, si compone un autentico gioiello altomedievale.

Questo è il nostro borgo, una fortezza che sa di antiche tradizioni, dove si respira ancora l’armonia di una vera comunità, il luogo ideale dove potersi trasferire o avere a disposizione una seconda casa, o meglio ancora, avviare una attività artigianale, d’arte, di ristorazione.

Ripopolare la parte antica del paese, recuperando la bellezza antica dei luoghi per fare rivivere territori ancora incontaminati, immersi nel verde, e integrarsi nel tessuto accogliente e ospitale di una popolazione antica, è alla base della nostra iniziativa.

Vogliamo che chi sceglie di venire a visitarci, e di acquistare una abitazione nel centro storico si impegni a dare inizio, entro un certo termine, ai lavori di ristrutturazione e di recupero; vogliamo dare un nuova vita ad immobili abbandonati da tempo e ai luoghi dove essi sono ubicati.

Solitamente queste case, parzialmente dirute ed abbandonate da tanto tempo vengono cedute ad un prezzo solo simbolico o, comunque, in una compravendita a prezzi molto ma molto accessibili evitando, a chi non può o non sa che farne del proprio fabbricato il pagamento di imposte e tasse e responsabilità connesse alla incuria .

Il bando pubblico che abbiamo predisposto mira ad incentivarne la cessione di immobili da un lato e l’acquisto dall’altro, perseguendo obiettivi di ripopolamento del paese e di recupero e riqualificazione delle abitazioni.

Il nostro Borgo soffre una condizione di abbandono che perdura da oltre quaranta anni e lentamente, ma inesorabilmente, tutto il centro storico, ed ormai anche la parte più bassa del nucleo abitativo di Pietramelara si è quasi del tutto spopolato, comprese le piazze principali Sant’Agostino e San Rocco

L’attuale maggioranza consiliare ha avviato varie iniziative, a partire da quelle minori, realizzando un programma di pulizia straordinaria e il rafforzamento dei servizi e altre di maggiore respiro, interessando e coinvolgendo istituzioni e università.

Il tema del recupero del centro antico è complesso.

La problematica venne affrontata durante il mio procedente mandato in sinergia con l’allora assessore Regionale avv. Marco di Lello che fu relatore in un convegno tenutosi nel chiostro della Casa Comunale per parlare di progetti di recupero e per la prima volta, dopo anni di completa incuria, venne finanziato il progetto per la realizzazione di tutte le opere cd: “a rete” in tutta la parte pubblica del borgo (infrastrutturali primarie e illuminazione). E in quella occasione si incominciarono a tracciare gli indirizzi di una (allora) emananda legge organica sul recupero dei borghi che sarebbe venuta alla luce nel 2017.

L’attuale maggioranza ha ripreso quel discorso imprimendo nuovo slancio all’azione del Comune approfondendo le strategie di intervento in riunioni alle quali hanno partecipato anche professionisti universitari, insime ai quali è stata elaborata questa idea che è alla base del nostro progetto.

Né è seguito il primo convegno, tenutosi nella sala del Palazzo Ducale dal titolo “Conoscere e condividere per ri/attivare i Borghi dismessi” al primario scopo di recuperare attenzione ed accendere una nuova luce sul nostro borgo antico. Ospitammo la consigliera della regione Molise Micaela Fanelli, l’assessore al Turismo della regione Campania, dr. Corrado Matera tanti docenti del dipartimento di Architettura della facoltà “Federico II” di Napoli, insieme ai presidenti degli Ordini professionali e personalità di grande spessore politico e culturale che aderirono, entusiasti, al nostro invito.

Dai nostri lavori emerge uno spaccato prevedibile ma non per questo meno impietoso: il nostro borgo, tra i più belli e suggestivi dell’intero stivale d’Italia, come la gran parte dei borghi italiani, presenta tutti i problemi di decadenza connessi all’abbandono, un denominatore comune di tanti piccoli centri.

SIamo convinti che occorre fare tutto il possibile per evitare che il nostro antico borgo vada ad ingrossare la triste lista degli oltre 3000 borghi d’Italia diventati città fantasma, piccoli borghi, fortezze medievali, accumunate da uno sciagurato destino che si sostiene su una miope cultura dell’abbandono e del dissolvimento. La cura per questo male non può essere limitata alla restituzione architettonica, salvando solo l’aspetto di non violarne l’identità, ma richiede un processo di restituzione reale alla fruizione rispettando le esigenze del nostro tempo.

Accennavo al fatto che dopo le interlocuzioni con le varie Regioni è stata emanata quella famosa normativa organica che ha ricevuto l’approvazione parlamentare all’unanimità (la legge 158/2017 più note come legge “Ermete Realacci”) e, pur rappresentando un segnale di prima attenzione generale sulla questione “borghi abbandonati”, essa ancora non ha innestato il programmato processo di recupero e restituzione alla fruizione. La normativa riguarda oltre 5.500 realtà, circa il 70% dei quasi 8000 comuni italiani dove vivono 11 milioni di cittadini, ma essa non è ancora attuabile e, a quattro anni dalla sua emanazione, mancano i relativi decreti attuativi che impedisce l’utilizzo dei 100 milioni di euro previsti inizialmente fino al 2023 (poi incrementati a 160 milioni nella legge di Bilancio per il 2017).

Consapevoli delle concrete difficoltà di intervento diretto e della farraginosità dei meccanismi burocratici, abbiamo preferito non aspettare le misure finanziarie della legge Realacci.

Dal convegno di studio “Conoscere e condividere per ri/attivare i Borghi dismessi” abbiamo avviato l’idea del progetto, constatando l’esistenza di un paradosso per cui al crescente spopolamento dei borghi corrisponde il dramma che migliaia di uomini e donne vivono nelle città, dove si fa fatica a mettere in piedi un progetto di vita per la mancanza di alloggi … quantomeno a cifre sostenibili.

Se la sensibilità attuale è rivolta alla tutela e alla conservazione del territorio, non si può non considerare che i borghi adagiati nel paesaggio italiano possono servire, ancora di più in epoca di diffusione del “lavoro a distanza”, a recuperare un nuovo equilibrio demografico nel Paese, favorendo la residenza nei borghi, tutelandone il patrimonio naturale, rurale, storico culturale e architettonico.

L’insediamento nei piccoli comuni può costituire una risorsa per riportare equilibrio demografico nel Paese, presidiare il territorio, contrastare l’abbandono, l’incuria e la decadenza.

E in questo contesto può svolgere la sua funzione strategica il nostro progetto di “case a 1 euro” da considerare una (tra le altre possibili) per uscire dal degrado del patrimonio immobiliare privato, così da trasformarsi in una fonte di rilancio e sviluppo per l’economia interna del Comune.

Salvare i borghi significa salvare l’Italia e ricostruirli significa ricostruire l’Italia.

Per farlo non bisogna fermarsi sulla soglia delle attese di una azione governativa centrale, pure promessa dalla citata legge Realacci, ma occorre anticipare le spinte delle nuove dinamiche lavorative e turistiche.

Ecco come siamo arrivati al nostro progetto: per di più sfruttando anche il momento della previsione di incentivi assicurati dalla legislazione fiscale per la ristrutturazione edilizia per puntare ad ottenere, in definitiva, una collaborazione di privati, nella certezza della possibilità di innescare circoli virtuosi capaci di giovare all’economia e alla socialità.

Occorre subito precisare che il ruolo del Comune non si riduce a quello di un semplice mediatore tra interessi privati – quelli del potenziale venditore e del potenziale compratore – a cui già assolvono le agenzie immobiliari, ma si pone come il baricentro di un’azione programmatica che punta a raggiungere obiettivi di utilizzo ottimale delle risorse, in vista di una composizione tra tutti gli interessi, pubblici e privati, in una logica di cooperazione e sinergia.

Tramontato il decennio dell’edonismo e della speculazione edilizia sappiamo che sta nascendo una nuova cultura ambientalista, realmente attenta alle esigenze dell’uomo e in questo filone di pensiero possiamo fare tanto.

Lo smart working a cui la pandemia ci ha costretti ci dice che un’altra economia è possibile perchè nascono nuove forme di organizzazione di vita e nel movimento turistico che si accompagna al generale invecchiamento della popolazione, fattori che introducono nuove tendenze, una crescente mobilità, anche tra le persone più avanti in età. E una esigenza, rinforzata dalla pandemia, di evitare i luoghi del turismo di massa, con un forte aumento della domanda ecologica.

Si può puntare, allora, sul recupero del nostro borgo, sulle nostre identità storico – culturali, sul turismo “soffice”, che proponga di “vivere il posto” anche temporaneamente, offrendo a chi arriva di essere un abitante autoctono da accogliere come un nuovo cittadino che si libera finalmente dall’ossessione della ottimizzazione del tempo e si cala nel luogo, senza limitarsi ad attraversarlo.

Per fare tutto questo è necessario cercare le persone interessate a vivere i nostri luoghi, che ripongano fiducia in queste linee di programma per offrire a noi la loro scelta, le loro risorse e anche le loro competenze.

Le linee strategiche che ispirano questa nostra iniziativa, per ora alla sua fase prodromica, migliorabile con il contributo di ciascuno, sono ispirate dalla ragione di non rassegnarci allo spopolamento e all’abbandono del Borgo, che è la perla più preziosa del nostro Paese.

Anzitutto il progetto si colloca in una sorta di esperimento promosso da alcuni Comuni (oggi ne contano circa 20 in tutta Italia) che mira a suscitare la curiosità di media nazionali e internazionali, tanto che essa non richiede un preliminare studio di fattibilità sull’intervento edilizio, fondandosi solo sulla pubblicità per mirare a raggiungere tante persone allo scopo di recuperare immobili abbandonati nel borgo di Pietramelara e provare a ripopolare gli antichi spazi disabitati; al tempo stesso, offre una possibilità di ristoro all’economia e alle maestranze locali, che possono essere coinvolte nei lavori di recupero.
Sulle modalità operative: chiunque lo desideri, tra cittadini privati, ditte individuali, cooperative o società potrà acquistare una casa a un prezzo simbolico, a patto di sostenere tutte le spese per la redazione dell’atto di cessione, predisporre un progetto di ristrutturazione e recupero, iniziare i lavori entro un termine dalla data di acquisto.
L’informazione che noi promuoviamo si dirige, dunque, sia verso i potenziali cedenti – disinteressati al recupero dei loro fabbricati – sia verso i potenziali acquirenti, attratti dal luogo avviene anzitutto attraverso i canali tradizionali di pubblicità istituzionale, ulteriormente ampliata con forme più incisive di informazione allo scopo di raggiungere il più alto numero di persone (potenziali cedenti e potenziali cessionari).
Tantissimi sono i proprietari di abitazioni che hanno manifestato l’intenzione di cedere il proprio immobile, anche a titolo gratuito, al Comune, e tuttavia, l’ente non ha mai potuto prendere in considerazione direttamente tali volontà perché non potrebbe esso stesso diventarne donatario secondo le vigenti regole erariali.
L’iniziativa pertanto intende suscitare in primis l’interesse dei potenziali cedenti i quali vengono posti di fronte alla scelta ultimativa di cedere l’immobile ad un potenziale acquirente, anche esso raggiunto dalla stessa informazione, oppure, considerato il rinnovato interesse generale sul recupero del centro, di programmarne esso stesso la ristrutturazione in tempi ragionevoli.
Viene previsto a garanzia della serietà dell’operazione la stipula, in favore del Comune, di una polizza fideiussoria di 5 mila euro che assicura la concreta realizzazione dei lavori. Da segnalare che la polizza fideiussoria, assolve ad una funzione sostitutiva della ben più onerosa cauzione e non implica alcuna restituzione dato che il suo costo è assolutamente irrisorio rispetto all’economia complessiva dell’operazione.
La sottoscrizione delle schede di adesione (da parte del cedente e del cessionario) esprime una manifestazione di interesse che provvederemo a seguire e perfezionare.

In alcuni casi non si tratterà di piccole opere perché parliamo di immobili fatiscenti o pericolanti che necessitano di grandi ristrutturazioni ragione per cui, colui che cede, dismette un proprio immobile ben sapendo che esso è una causa di una sua diretta responsabilità mentre chi acquista ottiene un prezzo vantaggioso e si impegna a garantire la effettiva realizzazione di un progetto di ristrutturazione e rivalutazione, (oltre a sostenere le spese notarili per la registrazione, le volture e l’accatastamento) sapendo di potere contare in questo momento anche sulle agevolazioni per le ristrutturazioni edilizie ed energetiche previste dalla Legge di Bilancio 2019, successivamente prorogate; senza ignorare che i contribuenti assoggettati all’Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche possono detrarre dall’Irpef una parte dei costi sostenuti per ristrutturare le abitazioni.

In definitiva il nostro progetto aderisce alla filosofia di sostenibilità economica autonoma, realizzando un sistema competitivo di politica attiva e di composizione dei diversi interessi, alla ricerca della cessione di immobili da parte di chi li detiene senza averne cura (dovendone prima o poi sostenerne i costi di messa in sicurezza) e propone l’acquisto ad un prezzo simbolico o comunque irrisorio a chi intende prendere un bene di proprietà per destinarlo ad abitazione o seconda casa o, meglio ancora, ad una attività tipica che siamo pronti a sostenere ed incentivare.

Grazie a tutti.

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