MARCIANISE. Non solo dei verdetti che hanno fatto gridare allo scandalo, ma un vero e proprio ‘sistema’ per manipolare i risultati di molti incontri. Ed a farne le spese proprio Clemente Russo, il Tatanka marcianisano che aveva sempre sospettato di quelle decisioni “sfavorevoli”.
Che il torneo di pugilato dell’Olimpiade di Rio 2016 (ma, in parte, anche quelli di Giochi precedenti) sia stato un autentico ‘verminaio’ lo si sospettava al punto che a competizione ancora in corso, vennero mandati a casa sei giudici e altri quattro vennero ‘congelati’, ma ora a certificarlo è un’autorità come Richard McLaren. Si tratta del professore di diritto che già aveva indagato sul doping, e in particolare su quello ‘di Stato’ della Russia. Il gruppo di lavoro con a capo l’esperto dell’Ontario ha infatti stabilito che “quello della boxe era un problema soprattutto di persone che per troppo tempo hanno agito al di fuori di ogni regola”.
A Rio il pugilato aveva raggiuto il culmine in materia di decisioni vergognose, al punto che il Cio, che non poteva più far finta di niente, aveva prima minacciato di escludere questo sport dal programma dei Giochi e poi deciso di commissariare l’Aiba, ente internazionale della boxe olimpica, affidando l’organizzazione del torneo di Tokyo 2020 ad un suo ‘panel’. I risultati si sono visti, dato che in Giappone ci sono stati soltanto due verdetti discutibili, entrambi a favore dei pugili di casa, a conferma che il fattore campo anche in questa disciplina avrà sempre un certo peso. Ma, per fortuna, non c’è stato ciò che si è verificato a Rio, e non poteva essere altrimenti; ora si cerca di fare piazza pulita e anche di vederci chiaro sul passato, grazie anche al lavoro dell’indagine commissionata dal nuovo presidente (è stato eletto l’anno scorso) dell’Aiba, Umar Kremlev. Quello che era in carica nel 2016, il cinese di Taipei Wu Ching-kuo, era invece parte integrante del sistema corrotto assieme, secondo McLaren, al suo direttore esecutivo Karim Bouzidi, che ricopriva anche il ruolo del designatore. Da qui la scelta, da parte di questa coppia, di arbitri e giudici ritenuti malleabili, e tutto ciò che ne è conseguito.
I match finiti in particolare sotto la lente d’ingrandimento, riferisce la Bbc, sono undici e tra questi le finali olimpiche delle due categorie più prestigiose: massimi e supermassimi. Nella prima solo i giudici avevano visto vincente il russo Evgeny Tischenko contro il kazako Vasily Levit, al quale non era servito di aver avuto in pugno l’incontro per tutte le riprese. Tischenko era stato ‘chiacchierato’ anche in occasione della sua sfida dei quarti di finale contro Clemente Russo. “Questa inchiesta deve andare avanti, e chi ha sbagliato deve pagare – commenta ora l’ormai ex pugile azzurro -. Fosse per me farei rifare tutti i combattimenti, compreso il mio contro Tischenko. Ma, visto che non è possibile, dovrebbero almeno ridare indietro le medaglie”. Lo scontro per l’oro dei supermassimi aveva invece visto prevalere, secondo i giudici, il francese Tony Yoka nei confronti del britannico Joe Joyce: ma in questo caso, forse, si era trattato di un pegno fatto pagare alla Gran Bretagna per avere beneficiato di un verdetto fin troppo favorevole nella finale di Londra 2012 di Anthony Joshua contro Roberto Cammarelle. Un altro combattimento finito nell’inchiesta è quello dei quarti di finale dei pesi gallo tra l’irlandese Michael Conlan e il russo Vladimir Nikitin, proclamato vincitore fra lo stupore generale.
“Questa inchiesta deve andare avanti, e chi ha sbagliato deve pagare. Fosse per me farei rifare tutti i combattimenti, compreso il mio contro Tischenko. Ma, visto che non è possibile, dovrebbero almeno ridare indietro le medaglie”. Clemente Russo reagisce così, interpellato dall’ANSA, all’indagine McLaren sui verdetti ‘taroccati’ a Rio 2016, uno dei quali riguarda la finale dei massimi vinta dal pugile russo che lo battè ai quarti. Per l’azzurro una ferita ancora aperta. “Certi verdetti sono già scritti”, disse al tempo il coach, Francesco Damiani, a proposito della sconfitta ai punti di Russo. Ora l’azzurro, che nel frattempo ha appeso i guantoni, dice invece di sperare che “almeno questo sia un buon inizio per un nuovo pugilato ai Giochi”.