IL VIDEO CHOC DAL CARCERE. Ecco la mattanza: picchiato pure detenuto in carrozzina

 

SANTA MARIA CAPUA VETERE. In ginocchio con le mani dietro la testa e la faccia rivolta al muro. Poi le manganellate e i calci, anche ad un uomo in carrozzella. Sono le umiliazioni e le violenze impresse nei video del carcere di Santa Maria Capua Vetere e che hanno per protagonisti alcuni agenti di polizia penitenziaria, ora indagati dalla Procura, per le percosse sui detenuti. Le immagini, pubblicate in esclusiva dal quotidiano Domani, mostrano le ore in cui si è consumata quella che il gip ha definito negli atti “un’orribile mattanza” avvenuta all’interno dell’istituto di pena il 6 aprile 2020. In alcune immagini si vedono gli agenti che creano corridoi umani per costringere i detenuti a passarci in mezzo. Poi le botte e gli spintoni, fino alle celle.

 

Stessa identica scena nel passaggio verso le scale. Alcuni detenuti zoppicano, altri si tengono in piedi a stento, finendo per adagiarsi sul pavimento. Tutti sono costretti a tenere le mani sulla testa, prestando così il fianco alle manganellate continue anche da parte di agenti in tenuta antisommossa, con caschi e scudi protettivi. In una delle ultime immagini un detenuto viene trascinato a terra da alcuni agenti mentre altri continuano a picchiarlo con i manganelli.

 

“Gogna inaccettabile contro agenti”

Il Segretario generale del Sappe, il Sindacato autonomo Polizia penitenziaria, Donato Capece, annuncia un esposto al garante della Privacy ed all’Ordine dei Giornalisti per denunciare “l’inaccettabile gogna mediatica per gli indagati a Santa Maria Capua Vetere”.

 

“Non capisco e non comprendo perché le tanto invocate esigenze di garanzia, tutela e riservatezza” che vengono richiamate per gli indagati in procedimenti penali “non debbano valere anche per il personale penitenziario e di Polizia coinvolto nelle presunte violenze nell’Istituto di Santa Maria Capua Vetere. Ieri ed oggi abbiamo assistito alla pubblicazione, in prima pagina, delle fotografie di decine e decine di loro, con tanto di diffusione di dati sensibili come nome cognome data di nascita e sede di servizio, come forse mai è accaduto nel raccontare un fatto di cronaca. Un fatto grave, che rischia di mettere in serio pericolo le persone coinvolte che allo stato sono, è utile ricordarlo, indagati”.

 

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