ORTA DI ATELLA. Nessuna illegittimita’ negli atti che a novembre 2019 portarono allo scioglimento del comune di Orta di Atella (Caserta) per presunte infiltrazioni camorristiche. L’ha deciso il Tar del Lazio con una sentenza con la quale ha respinto un ricorso proposto dall’ex sindaco. I giudici, premettendo che “il provvedimento di scioglimento non ha natura sanzionatoria, ma preventiva” e “stante l’ampia sfera di discrezionalita’ di cui l’Amministrazione dispone in sede di valutazione dei fenomeni connessi all’ordine pubblico”, hanno ribadito che “le vicende che costituiscono il presupposto del provvedimento di scioglimento devono essere considerate nel loro insieme, non atomisticamente, e devono risultare idonee a delineare, con una ragionevole ricostruzione, il quadro complessivo del condizionamento ‘mafioso'”.
Al riguardo, la relazione del Ministro dell’Interno posta a base del decreto di scioglimento “ha evidenziato, in primo luogo, la sostanziale continuita’ nella composizione delle Amministrazioni che si sono susseguite e sono state oggetto di precedenti provvedimenti dissolutori per infiltrazioni mafiose nel 2008, delineando un quadro caratterizzato dalla ricorrenza delle stesse persone o di loro familiari nei gruppi politici avvicendatisi nelle gestioni amministrative, con il conseguente perdurare dei legami tra gli amministratori e soggetti contigui alla criminalita’ organizzata locale”.
E in tale contesto “nella relazione sono stati riportati diversi episodi dai quali emerge che soggetti collusi con la criminalita’ organizzata, o addirittura ad essa organici, hanno influito sull’aggiudicazione di appalti pubblici, sulla concessione di spazi pubblici a privati, nonche’ sulla concessione di autorizzazioni edilizie”. Alla luce di queste considerazioni, per il Tar il provvedimento di scioglimento contestato deve invece “ritenersi pienamente legittimo, nel rispetto dei principi affermati dalla giurisprudenza in materia, essendo stata correttamente evidenziata la presenza di contatti ripetuti e collegati alle scelte gestorie dell’amministrazione comunale degli organi di vertice politico-amministrativo con soggetti appartenenti alla criminalita’ locale, e l’inadeguatezza dello stesso vertice politico-amministrativo a svolgere i propri compiti di vigilanza e di verifica nei confronti della burocrazia e dei gestori di pubblici servizi del Comune”.
E “risulta esaustivamente argomentata, e ampiamente supportata dagli elementi emersi nel corso del procedimento, la valutazione della permeabilita’ dell’attivita’ dell’ente rispetto a possibili ingerenze e pressioni da parte della criminalita’ organizzata specificamente individuata, senza che emerga alcun vizio logico o incongruita’ di tale valutazione”.