GRAZZANISE (Raffaele Raimondo) – Il 12 gennaio, martedì di questa settimana, giorno buio per la comunità grazzanisana: ha chiuso l’ultima edicola funzionante presso la tabaccheria dei fratelli Giovanni e Peppino, in Via Diaz, quasi attigua alla scuola primaria “Don Milani”. Uno schiaffo alla cultura passato, come molte cose in questa realtà locale, sotto silenzio. Uno schiaffo che fa il paio con la biblioteca comunale inattiva da almeno 7-8 anni. Una vergogna per gli intellettuali (o sedicenti tali) del posto, le autorità civili e religiose (che dovrebbero incentivare sempre la cultura nei suoi più variegati canali), per l’intera cittadinanza (che guazza fra ignoranza e noncuranza del “bene comune”, bramosa che soltanto “chi comanda” tiri le castagne dal fuoco, prima private e poi pubbliche. Uno dei due fratelli ci ha detto che erano rimasti solamente pochi ultracinquantacinquenni a comprare, nemmeno tutti i giorni, il quotidiano. Dei giovani in edicola neppure l’ombra: già, essi amano esclusivamente lo smart, facile da usare, e “veicolatori” dell’informazione digitale troppo spesso effimera, incline al gossip, tipica del “mordi e fuggi”. Scarsoincasso, considete le percentuali che gli editori concedono ai giornalai. Così, da mercoledì 13, colui e colei che voglia sfogliare un giornale cartaceo e magari fermarsi a riflettere sugli articoli letti, deve recarsi a Santa Maria la Fossa o a Cancello ed Arnone.
Si era giunti, 10 anni fa, ad avere tre edicole in questo centro del Basso Volturno: due nel capoluogo ed una nella frazione Brezza. Oggi zero. Lontanissimi i tempi in cui zi’ Pepp ‘e Gasparr’, in Via Annunziata, gestiva contemporaneamente, aiutato dalla moglie zie’ Rusinella, la vendita di sigarette e di quotidiani, Aprì poi zie’ Meliana ‘ a rossa all’angolo di Via Battisti, “ ‘nocopp ‘o ponte”, e il marito zi’ Eugenio, ogni mattina con le mollette, allestiva la vetrina delle “prime pagine”; all’epoca c’era un parroco, don Salvatore Gravina che puntualmente comprava Avvenire (il giornale della Cei, lo stesso che attualmente continua a lèggere il cattolicissimo Mercurio Bulmetti, molisano naturalizzato grazzanisano (un’abitudine che avevano avuto negli anni Cinquanta e Sessanta i maestri elementari e due per tutti, particolarmente: Mimì Raimondo, con Il Secolo d’Italia sempre visibile in tasca, e il “fiduciario” Enrico Raimondo, che era stato podestà di Grazzanise, il quale era affezionato al quotidiano moderato romano Il Tempo). Toccò poi a Stefano, figlio di zie’ Meliana, ereditare l’attività dei genitori, mentre la moglie dell’impiegato comunale Andrea Abbate, portò avanti quella dell’ormai defunta zie’ Rusinella. Correvano gli anni Novanta, quando, specialmente di domenica l’allora consigliere comunale dr. Vito Gravante, poi sindaco dal 2015 al 2019, era solito comprare un “fascio” di giornali, esattamente come usava fare, e ancor di più, l’ex direttore dell’ufficio postale, Peppe Leuci il più appassionato bibliografo di Grazzanise. Vennero poi i tempi in cui neppure ad un sindaco piaceva passare al mattino dal giornalaio, benché le vendite negli Ottanta, anni di piombo, erano cresciute “grazie” all’uscita del Corriere di Caserta che la gente correva a comprare nelle tragiche circostanze di delitti, in effetti per lèggere nelle colonne dei “pezzi” meno di quanto già sapeva. In quello stesso periodo un giovane di Brezza aprì un’edicola, con la speranza di guadagnare qualcosa, ma dopo qualche anno dovette abbassare la serranda per deboli guadagni. Più di recente prese a vendere giornali Carlo, gestore del bar Moulin Rouge e anche questa è stata una meteora. Alla morte di Stefano Crisci, avvenuta nel 2018, l’ormai storia sua “edicola” fu gestita da Patrizio Petrella titolare d’una cartoleria poi acquistata da Andrea Dammiano, un solerte “signore” del contatto con la clientela autoctona e extracomunitaria. Ma la rivendita dei giornali passo ai predetti fratelli Giovanni e Peppino, costretti giocoforza a cantare il “de profundis” di cui trattiamo.
Parallela e generosa, per la fatica che comporta lo scrivere, è stata negli anni la vicenda dei corrispondenti locali. A memoria d’uomo si ricorda che, negli anni Cinquanta e Sessanta, Costantino Leuci e Giovanni Raimondo erano, rispettivamente corrispondenti, de Il Mattino e del Roma, allora i due principali quotidiani di Napoli. Ci fu poi una fase di silenzio assoluto, finalmente rotto da Giammichele Abbate (dai primi anni Ottanta corrispondente de Il Mattino) e dallo scrivente (dal 1988 collaboratore de Il Giornale di Napoli), mentre Franco Tessitore cominciò a dedicarsi a Grazzanise online, testata di sua diretta fondazione. Per oltre un ventennio è andata così, fino allo spuntare di nuove “penne” locali: Giovanna Pezzera (per anni collaboratrice de lla Gazzetta di Caserta ed ora unica pubblicista di Tribuna 24 online); Luigi Pezzera, Maria Bertone, Peppe Florio e Giuseppe Tallino (Corriere di Caserta). Tuttora attivi, in paese, soltanto tre di questi citati corrispondenti, di cui uno (Tallino) si occupa prevalentemente di giudiziaria a livello provinciale lavorando in redazione.
Va da sé, alla luce di quanto s’è appena rievocato, un vasto appello ad autorità e cittadini affinché questa grave nebbia si diradi al più presto. Una comunità di 7.000 persone non può non leggere più il cartaceo di cronaca: la comunicazione orale è rapida e spesso intrigante, ma di berve durata oltre che approssimativa e scarsamente controllabile; la comunicazione scritta è invece precisa, verificabile e di lungo respiro nel tempo. Allora si provveda a porre in atto tutte le zioni tendenti a ripristinare la lettura dei quotidiani e dei periodici cartacei. Un’operazione indispensabile di civiltà. Nessuno fermerà il digitale il cui futuro è certissimo, ma tutti dovrebbero dare il loro contributo nella prospettiva di tenere affiancati giornali tradizionali che la storai ci ha lasciato in prezioso dono.