Pompei. In questi giorni sta facendo il giro del web la notizia appresa da alcuni notiziari del ritrovamento di neuroni nel sistema nervoso di una vittima mummificata dell’eruzione del Vesuvio avvenuta nel 79 d.C. Ciò è stato appreso da un attento studio seguito da ricercatori della Federico II, del Cnr, del Ceinge-Biotecnologie Avanzate, delle Università Roma Tre e Statale di Milano, ed è stato pubblicato sulla rivista Plos One.
Lo studio è stato eseguito dal team di ricerca coordinato dall’antropologo forense Pier Paolo Petrone, responsabile del Laboratorio di Oste biologia Umana e Antropologia Forense presso la sezione dipartimentale di Medicina Legale dell’Università di Napoli Federico II, in collaborazione con geologi, archeologi, biologi, medici legali, neuro genetisti e matematici. Una grande successo e una grande scoperta.
Gli splenditi scavi di Pompei diventano non solo storia e archeologia ma anche mistero. Ancora oggi proviamo un misto di fascino, stupore e inquietudine attraversando le vie sepolte dalla furia del “Grande Gigante”, che al suo risveglio seppellì con una violenta eruzione, una tranquilla cittadina della Campania. Divenuto oggi uno dei siti archeologici più importanti e visitati d’Italia propio per la sua storia che attira sempre più turisti e visitatori curiosi di scoprire la bellezza che rimana della città.
L’eruzione del 79 d.C. ( quella di cui tutti parlano) è senza dubbio la più nota eruzione del Vesuvio e forse la più nota eruzione vulcanica della storia. Descritta da Plinio il Giovane in due famose lettere a Tacito, che costituiscono dei preziosi documenti per la vulcanologia dove racconta della morte dello zio, Plinio il Vecchio quando si verifica una delle più grandi catastrofi della storia. Plinio il Vecchio partito da Miseno con una nave per portare soccorso ad alcuni amici e abitanti di Stabia, rimase intrappolato non potendo più lasciare il porto della città e morì per le esalazioni del vulcano. Da qui la denominazione di eruzione pliniana per questo tipo di fenomeno particolarmente violento e distruttivo.
In epoca romana, all’inizio del primo millennio, il Vesuvio non era considerato un vulcano attivo e alle sue pendici sorgevano alcune fiorenti città, che si erano sviluppate grazie alla bellezza e alla fertilità dei luoghi. Nel 62 d.C. l’area vesuviana fu colpita da un forte terremoto, che provocò il crollo di molti edifici e produsse danni anche a Nocera e a Napoli. All’epoca non fu ipotizzata alcuna relazione tra il terremoto e la natura vulcanica dell’area.
Il 24 agosto dell’anno 79 d.C. il Vesuvio rientrò in attività dopo un periodo di quiete durato probabilmente circa otto secoli.
L’eruzione ebbe inizio intorno all’una del pomeriggio con serie di esplosioni derivanti dall’immediata volatizzazione dell’acqua della falda superficiale venuta a contatto con il magma in risalita. Successivamente si iniziarono a sperdere nell’aria gas, ceneri, pomici, formando un ‘enorme nuvola che fuoriusciva sopra dal vulcano.
Questa fase dell’eruzione durò a lungo, fino all’incirca alle otto del mattino successivo, e fu accompagnata da frequenti terremoti, una cosa terribile e indescrivibile. Approfittando nella notte di una apparente pausa nell’attività eruttiva, molte persone fecero ritorno alle case che erano state lasciate incustodite.
Ma furono sorprese dalla ripresa dell’attività furiosa del vulcano che si verificò con la forte esplosione della “colonna eruttiva”,un getto verticale di frammenti di magma, ceneri, gas che causarono la distruzione totale dell’area di Ercolano, Pompei e Stabia non lasciando scampo alle persone che si trovavano lì in quel momento, redendo alcuni corpo come mummie. corpi che ora costituiscono puzzle della storia di uno dei siti più misteriosi d’Italia.