Food, Covid-19 e ripartenze dopo il virus, lo studio del social media manager

Caserta. Si sente parlare spesso di food. Ma cosa c’è dietro? Che ruolo ha nella società? L’emergenza sanitaria che stiamo vivendo sta influendo sul mercato? Queste sono le domande a cui ha risposto, attraverso uno studio, il Social Media Manager Domenico Napoletano.

 

“Il settore food al momento – ha spiegato Napoletano – si divide in 3 categorie collegate a 3 stati di esperienza sensoriale con le persone: soluzione, emozione, egoismo. Partiamo da “prodotto-soluzione” che lavora fondamentalmente sulla variabile del risparmio di tempo e fa riferimento ad una tipologia di produzione industriale legata poco all’esperienza ma che è basata alla mera funzionalità. Il secondo è il “prodotto-emozione” che è quello che ti permette di divertirti facendo un’esperienza food inaspettata. Ed infine il “prodotto-egoista” è quello che voglio avere per forza, possedere, mangiare. Pura immagine prima del gusto.”

“La maggior parte delle aziende e dei prodotti italiani e non, ma anche dei “bar” e dei “ristoranti”, è stata pensata per mercati e consumatori che non esistono più. Il prodotto – continua il giovane Social Media Manager – si è trasformato in un concetto. Teatro di questa trasformazione sono le città. Il food oggi è cultura e intrattenimento allo stesso tempo. L’esperienzialità guida le scelte di consumo in un mercato di “eccesso di offerta”. Bisogna capire oggi che “il negozio non è più un’attività per tutta la vita”. Non è escluso ma è diventato sempre più raro che possiate progettare un’esperienza “a vita”: potere comunque provarci. Premesso che l’esperienza non è “fuffa”, che prima di “fare” (produrre, cucinare, somministrare, arredare, aprire un locale) bisogna pensare e concepire un’esperienza. Un bicchiere, un vassoio, un logo, un nome dato al prodotto, un singolo ingrediente fanno la differenza. Un’esperienza di successo ha il compito di innovare premiando il passato ma con un tipo di innovazione che porti il tuo locale nel futuro. Non bisogna mai esagerare nella concettualizzazione, le persone vogliono mangiare qualcosa in santa pace senza troppe complicazioni. I successi più clamorosi sono legati alla semplice idea e alla sua immediatezza. Un errore più comune e l’eccesso di scelta, per esempio si pensi ad una vetrina di gelati con 50 gusti, confonde e non fa scegliere il cliente ed inoltre mette in tilt il gelatiere. La possibilità, quindi è di adeguarsi al passare del tempo per conservare un’esperienza vitale: il concept di partenza può già prevedere elementi soft aggiornabili, come gusti, ricette e ingredienti.”

“Il ciclo di vita dei “concept food” è sempre più corto, il migliore è già vecchio dopo 3 anni per il cliente finale, mentre i nuovi imprenditori, specialmente i più giovani, vedono nell’apertura di un locale il coronamento di un sogno ma non pianificano un successo per l’eternità. L’importante è provarci, dare sfogo alle proprie passioni, senza farsi troppo male economicamente. Oggi in tutte le città siamo in una situazione di “eccesso di offerta” di concetti food necessarie a fronteggiare le esigenze della “domanda”. La colpa è spesso dell’eccessiva concorrenza, della volubilità dei gusti del cliente, degli affitti troppo alti. Tutto questo collegato ad una grande crisi del mercato portata dal COVID-19 che ha colpito il settore commerciale può essere il colpo di grazia per le attività già in difficoltà. Tutto questo – conclude il Social Media Manager Domenico Napoletano – ci ha insegnato che da un giorno all’altro tutto può cambiare, e chi oggi decide di fare l’imprenditore in questo settore deve essere pronto a fare enormi sacrifici per far durare il suo “concept food” nel tempo.”

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