MADDALONI. E’ stato lui – secondo la Dda – a mantenere quel filo conduttore col passato riorganizzando la cosca dopo anni difficili. Salvatore D’Albenzio, figlio e nipote di boss storicamente alleati dei Belforte, nonostante il capoclan Domenico Belforte fosse in carcere e nonostante la morte di suo padre Domenico e la detenzione di suo zio Clemente (Salvatore è fratello di Emilia, la moglie chef dell’ex carabiniere Lazzaro Cioffi), aveva ripreso in mano secondo gli investigatori molti affari storicamente nelle mani della famiglia a Maddaloni.
Sempre in virtù dell’alleanza coi Belforte, l’ala calatina del gruppo aveva imposto il ‘pizzo’ in maniera capillare nel territorio di Maddaloni, con le consuete tre rate annuali (Natale, Pasqua e Ferragosto), ma soprattutto lanciandosi in un nuovo affare, quello dei distributori autonomatici di bevande e snack, noleggiati e gestiti da una ditta ‘amica’, da imporre in tutti gli esercizi commerciali della sua zona. Chi si rifiutava di pagare, veniva minacciato e aggredito.
Come riferito dall’Agi in una intercettazione uno degli indagati ha avanzato l’idea di “battere con il kalashnikov alle vetrine e fare incendi” per intimorire chi non si sottometteva, il pm della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, Francesco Landolfi, ha chiesto e ottenuto dal gip 9 misure di custodia cautelare per associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione, traffico e spaccio di droga,m reati aggravati da metodo mafioso, e violazione delle leggi sulle armi. Le giovani leve del clan infatti avevano pistole e fucili, tra cui uno a canne mozze di cui gli uomini del dirigente Davide Corazzini hanno trovato solo le cartucce, armi con le quali terrorizzavano gli imprenditori e i commercianti.
Molte delle vittime, peraltro, convocate in questura, anche di fronte alla documentazione acquisita dagli investigatori delle estorsioni commesse tra il 2017 e il 2019, hanno negato di aver subito minacce o pressioni. Anche i pusher erano costretti a rifornirsi da Salvatore D’Albenzio di hashish e cocaina per i loro ‘clienti’.
Nella foto da sinistra Salvatore D’Albenzio e Dino Spallieri
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