Bar, riapertura flop nel Casertano: al lavoro solo 2 su 10. “Consegne da 5 euro in poi o ci rimettiamo”

 

CASERTA/AVERSA. E’ altissima la percentuale di bar del Casertano che ha tenuto giu’ le serrande in quello che poteva essere il primo giorno della fase di riapertura, il primo di una settimana di rodaggio in vista del 4 maggio, quando dovrebbe finire il lockdown. Ha riaperto qualche pasticceria, a Caserta come ad Aversa, ma la consegna a domicilio viene spesso condizionata al valore della spesa, che deve essere almeno di almeno cinque euro per coprire i costi. “Aprire e’ antieconomico” dicono quasi tutti i titolari di bar.

 

Gennaro Ricciardi, direttore della Confesercenti di Caserta, dice preoccupato che “non ci risultano bar aperti in provincia. La situazione e’ molto grave”. Il presidente di Confesercenti Salvatore Petrella dice senza mezzi termini che “bisogna finanziare le aziende a fondo perduto, prevedendo zero burocrazia per l’accesso al credito. Riteniamo non vi siano alternative. Solo cosi’ abbiamo qualche speranza”.

 

 

“Quei pochi bar aperti – spiega all’Ansa Francesco Geremia, segretario generale della Cna (Confederazione Nazionale dell’Artigianato) Campania Nord – sono concentrati nei centri piu’ grandi, fanno consegne a domiciio tradizionali, potrebbero sfruttare di piu’ la tecnologia. Altra faccia del problema e’ che in pochi riapriranno anche in futuro; la riserva finanziaria delle imprese e’ esaurita, hanno perso reddito e non lo recupereranno piu’. E cio’ che e’ arrivato dal Governo e’ stato molto esiguo”. Tommaso Dei Simone, presidente della camera di commercio, auspica “un’inversione di tendenza dovuta a dati migliori dal punto di vista sanitario registrati negli ultimi giorni, che possa condurci verso la normalita’. Le aziende stanno soffrendo”.

 

Enzo Santo, della Cna (Confederazione Nazionale dell’Artigianato), da’ cifre molto vicine allo zero. “Otto bar su dieci sono rimasti chiusi – dice – e cio’ che piu’ preoccupa e’ che a restare chiusi non sono solo i piccoli bar, ma anche quelli medio-grandi, con 8-9 dipendenti. Per tutti il problema e’ lo stesso: anche vendendo qualche centinaio di caffe’ e cornetti, non si arriverebbe a coprire neanche una minima percentuale dei costi, ovviamente anche quelli relativi al personale. Abbiamo anche creato reti di aziende affinche’ collaborassero tra loro anche calmierando i prezzi, ma l’esperimento di cooperazione sociale non ha funzionato, perche’ un margine di guadagno, seppur minimo, un’azienda lo deve avere”. Santo lancia poi un allarme: “tra pochi giorni i titolari dei bar piu’ piccoli avranno grandi difficolta’ di liquidita’”.

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