MARCIANISE. Muore in Lombardia un cittadino marcianisano trapiantato al Nord ormai da decenni. Ne dà notizia l’ex sindaco Antonello Velardi in un lungo post.
“Il coronavirus si porta via il primo marcianisano. E’ deceduto Raffaele Martellone, aveva 86 anni, ed era ricoverato all’ospedale di Vizzolo Predabissi, nella cintura di Milano. Era stato ricoverato pochi giorni fa, quando era stato prelevato in condizioni critiche ma non gravissime con un’ambulanza dalla sua abitazione di Peschiera Borromeo, un altro comune a ridosso del capoluogo lombardo. La sua salma è ancora in obitorio e vi è totale incertezza su tempi e modi del prelievo e della inumazione: tutti i familiari sono nel frattempo in quarantena forzata e non possono lasciare le loro abitazioni. Non sono ovviamente potuti andare neanche in ospedale: l’hanno visto per l’ultima volta mentre l’ambulanza lo portava via da casa. A loro e ai familiari residenti a Marcianise le nostre più affettuose condoglianze.
La tragedia di Raffaele Martellone, pur consumatasi lontano, a Milano, è tutta marcianisana. E’ l’epilogo di una vita trascorsa lontano ma con la mente e con il cuore rivolti sempre alla sua terra d’origine, la nostra. Pur residente nella cintura milanese, Martellone era marcianisano fino al midollo, forse più di alcuni che a Marcianise vivono e operano. Lo dice il cognome, ma lo dice soprattutto la sua storia.
Raffaele Martellone lasciò Marcianise nel ’58, quando partì militare per Milano. Poi tornò ma per ripartire di nuovo, stavolta non da solo ma con la donna che aveva nel frattempo sposata, marcianisana anche lei, Angela Rampetta, sua coetanea. Prima il lavoro in una fabbrica per la costruzione di pezzi di nave, poi in un’altra per la produzione di lampadari, nella Milano del boom industriale. Nel frattempo, la nascita di un figlio, Piero, da grande diventato bancario, e i frequenti ritorni a Marcianise: dapprima ogni estate per tre mesi, poi dopo la pensione per almeno due volte all’anno. A ritrovare le sorelle, i parenti, gli amici. “Lei non può immaginare – mi dice Piero, al telefono da Milano – come fosse marcianisano. Fino all’ultimo mi chiedeva su internet di verificare la domenica il risultato della partita del Marcianise. E non c’era nulla che accadesse giù, nella sua città, che non fosse la cosa più bella del mondo. Non aveva mai staccato il cordone ombelicale, era qui ma la sua mente era giù, alla sua gente e alla sua città”.
Una tragedia nella tragedia il modo in cui se ne è andato. Senza neanche un saluto. L’anziana moglie è in isolamento da sola ed è schiacciata dal dolore, il figlio e i suoi familiari sono anche loro in isolamento e senza la possibilità di fare alcunché. Il loro è l’unico nucleo familiare presente lì, senza altri parenti: i Martellone e i Rampetta sono tutti giù, tra Marcianise e i comuni vicini. La situazione al Nord resta drammatica. “E’ un grande incubo – dice ancora Piero al telefono -. Siamo qui, soli, non possiamo neanche abbracciarci e piangere l’uno sulla spalla dell’altro. Non so che cosa succederà, sono in apprensione per mia madre, per tutti noi. Non stiamo più vivendo, spero che lì al Sud riusciate a capire e a difendervi. Lo dico a voi di Marcianise: fate attenzione, restate a casa, rispettate le regole, non sottovalutate questa tragedia. Ne usciremo, ma dipende da noi”.