Caserta. Rischiano la reclusione da sei mesi a 3 anni e la multa fino a 25.822 euro i fruitori della piattaforma Xtream Codes, al centro dell’operazione internazionale contro la diffusione pirata di piattaforme televisive a pagamento. Oltre 700.000 gli utenti online oscurati al momento del sequestro, 5 milioni di utenti solo in Italia, per un giro d’affari stimato in circa 60 milioni di euro annui. La piattaforma Xtream Codes è stata ideata da 2 cittadini greci. I
I membri dell’organizzazione predisponevano e gestivano all’estero spazi informatici attraverso i quali ritrasmettevano i segnali su larga scala, anche in Italia. Una fitta rete commerciale, diffusa su tutto il territorio nazionale e con basi prevalentemente in Lombardia, Veneto, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia riceveva il segnale grazie a questa tecnologia acquisendo illegalmente interi pacchetti di contenuti per la successiva rivendita al cliente finale a un prezzo di 12 euro circa, consentendo di vedere tutti i principali palinsesti Tv con un unico abbonamento. Venticinque i responsabili individuati e almeno uno di loro è del Casertano. Proprio in Terra di Lavoro è stata infatti scoperta una delle centrali di diffusione del segnale che, alla modica somma di 12 euro mensile, permetteva di vedere tutti i canali possibili, da Sky a Netflix fino ai pay per view.
Un “gruppo su Skype denominato ‘Benvenuti in famiglia…’ ove partecipano 213 utenti Skype” per scambiare istruzioni, files, software “alla stregua di un vero e proprio servizio clienti”. E quanto emerso nel corso dell’inchiesta della procura di Napoli, che ha portato al blitz della Guardia di Finanza contro tv pirata e all’oscuramento della piattaforma Xtream Codes. “In tale chat – si legge nel decreto di sequestro preventivo del gip Fabio Provvisier – venivano scambiati messaggi inerenti il sistema Iptv e i partecipi si adoperavano per fornire i crediti, previo pagamento, a tutti gli altri ed informare circa lo stato dei lavori sui vari server. Sempre attraverso questa chat si è accertato che tra i partecipanti avveniva anche lo scambio di software, istruzioni e files, al fine di migliorare l’esperienza dei consumatori finali alla stregua di un vero e proprio servizio clienti”. Da una stima, scrive ancora il gip, risulterebbero “oltre 90 server attivi e gestiti” da un utente poi identificato in un indagato.