Litorale nelle mani dei nigeriani, dossier choc dell’Antimafia. Droga e tratta di umani: così hanno scalzato pure Bidognetti

Castel Volturno. Una coesistenza dapprima impossibile soprattutto per loro, poi forzata, ed infine vantaggiosa per i cartelli nigeriani. A 30 anni esatti dal loro insediamento sul litorale domizio la malavita africana ha preso il controllo quasi totale degli affari illeciti della zona, arrivando a scalzare perfino i Bidognetti in molti business. A sostenerlo è la Direzione Investigativa Antimafia nel corso dell’ultima relazione resa nota in questi gioni, quella riferita al secondo semestre 2019.

“L’area di Castel Volturno, fortemente inquinata dalla presenza del clan dei Casalesi, può essere sicuramente considerata, da almeno tre decenni, proprio l’espressione della coesistenza tra gruppi camorristici e criminalità nigeriana, Quest’ultima è riuscita ad imprimere a quel territorio – già di per sé connotato da forti criticità – l’immagine, anche a livello mediatico, di una sorta di free zone – quale punto nevralgico dei traffici internazionali di droga e della massiva gestione della prostituzione su strada – favorita, nel tempo, anche dalla disponibilità alloggiativa, talvolta abusiva, da parte di proprietari del posto senza scrupoli. La coesistenza tra i clan della camorra casertana e i nigeriani (o comunque i cittadini africani stanziati sul litorale domitio) non è stata mai, tuttavia, indolore.” scrivono gli 007 della Dia delineando lo scenario fin dal 1987.

Fin dal 2003 i magistrati della Dda avevano monitorato le rotte del denaro attraverso una delle agenzie della Western Union di Castel Volturno, tramite la quale venivano effettuate le rimesse di denaro verso la Nigeria ed il Ghana, per i pagamenti delle ragazze, nonché per il trasporto delle stesse in Europa e, anche, per il finanziamento delle famiglie originarie in Nigeria. Le indagini consentitoronodi accertare, nell’arco di due anni, il 2000 ed il 2001, un flusso economico pari a 250 milioni di lire per l’anno 2000 e di lire 750 milioni per l’anno 2001, che, ovviamente, costituiva solo uno spaccato del complessivo volume d’affari della citata organizzazione mafiosa.

“Venendo ai nostri giorni si può affermare, per l’area domitiana, che il ridimensionamento del clan Bidognetti su quel territorio ha lasciato spazi di manovra alle organizzazioni mafiose di matrice nigeriana che non solo gestiscono il traffico di stupefacenti, ma anche la tratta di esseri umani, da avviare alla prostituzione, mediante gravissime forme di intimidazione, esercitate con l’agire tipicamente mafioso, peraltro sancito da condanne definitive” si legge nell’ultima relazione.

Di fatto tali gruppi hanno acquisito il controllo di alcuni tratti del litorale domitio, alla pari delle mafie locali, alle quali non sono legate più da alcun rapporto di sottomissione, operando in settori non più limitati al traffico di stupefacenti ma estendendo la loro attività alle estorsioni, allo sfruttamento della prostituzione, al favoreggiamento della immigrazione clandestina ed al traffico di esseri umani, iniziando anche ad esercitare la loro capacità di intimidazione e di assoggettamento anche verso soggetti autoctoni.

“Nel caso della mafia nigeriana, ci troviamo di fronte ad organizzazione unitaria e piramidale, che opera su scala internazionale con proprie stabili proiezioni in vari paesi di più continenti. Dunque si tratta di una minaccia criminale molto alta che può essere adeguatamente fronteggiata solo attraverso una adeguata cooperazione giudiziaria internazionale. Negli anni, è emersa anche una sostanziale non belligeranza – a volte con tratti di sinergia – da parte delle organizzazioni criminali nigeriane ed albanesi nel campo dello sfruttamento della prostituzione, particolarmente nel Triveneto ed in Campania, ove si è rilevata, sullo stesso territorio, la presenza di giovani donne appartenenti ad entrambe le nazionalità. I proventi delle attività illecite vengono tendenzialmente utilizzati per finanziare l’acquisto dello stupefacente da rivendere al minuto sulle piazze delle città italiane o reinvestiti per acquisire attività economiche dedite all’importazione e al commercio di prodotti etnici, funzionali alla copertura dei traffici criminali.”

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