Marcianise. Da una parte la lettera carica di veleno, trovata in casa di Primo Letizia, nella quale Antonio chiedeva vendetta e auspicava addirittura “lutti” tra i Belforte. In un’altra lettera, però, sempre con la stessa mano sembrava voler tendere la mano, in nome degli affari, al gruppo rivale.
Se la prima missiva è stata trovata in una perquisizione del 2016, dell’altra non c’è invece traccia se non in un verbale di interrogatorio reso in quegli stessi mesi, da Claudio Buttone, fratello del ras Bruno e nel frattempo diventato come lui collaboratore di giustizia: “Nel 2011 il figlio di Antonio Letizia, Vincenzo (all’anagrafe Giuseppe, ndr) mi portò una lettera scritta dal padre nella quale mi chiedeva da farmi da tramite per l’imposizione di una tangente estorsiva a una boutique di abbigliamento per tre volte l’anno”.
Si tratta di uno dei negozi più esclusivi della città dove anche gli uomini della mala vanno a comprare abiti griffati, confondendosi tra professionisti, imprenditori e amanti del fashion. Ai Piccolo però interessavano più che le marche soprattutto i soldi.
“La lettera – prosegue Buttone – era indirizzata come destinatario finale a mio cugino Pinuccio che all’epoca era irreperibile e siccome io all’epoca lo incontravo ritenni di rispondere direttamente alla lettera dicendo a Letizia che la nostra famiglia era solo cliente del negozio che si limitava a praticarci qualche sconto e che quindi non avevamo nessun interesse e lui poteva fare quello che voleva. Nella lettera stessa mi invitava a far pace con la sua famiglia e a dimenticarmi l’episodio dello schiaffo avuto dal fratello Andrea, e lui si sarebbe dimenticato dell’uccisione del cognato Ferdinando Latino ma io non accettai”.
DESTINATARI DEL PROVVEDIMENTO CAUTELARE
IN CARCERE
Indagati a piede libero
Alessandro Menditti Recale 1973
Felice Napolitano Marcianise 1963
Mario Russo 1985 pentito
Giuseppe Pettrone 1966 Pignataro
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