Nazionale. Svolta choc nell’omicidio di Stefano Leo. Un 27enne con piccoli precedenti penali ha rivelato di essere stato lui, lo scorso 23 febbraio, a uccidere la vittima con un fendente alla gola. I carabinieri del Comando provinciale di Torino, coordinati dai sostituti procuratori Ciro Santoriello e Enzo Bucarelli, hanno già trovato i primi riscontri alla confessione. Nei suoi confronti è stato disposto il fermo di indiziato di delitto. L’uomo, Said Machaouat, un italiano di origini marocchine, è stato trattenuto fino alla tarda serata di domenica in via Valfrè, negli uffici dell’Arma, dove è stato portato dopo che si era presentato spontaneamente in Questura.
“Quello in riva al Po l’ho ucciso io”, ha detto in modo confuso agli agenti, che hanno subito allertato i carabinieri, titolari dell’indagine. Trasferito al Comando provinciale, alla presenza del suo legale di fiducia, avvocato Basilio Foti, è iniziato l’interrogatorio, durato oltre tre ore. Il lavoro investigativo condotto in questo mese dai militari dell’Arma e dai magistrati ha consentito loro di trovare i primi riscontri alla confessione. Tra cui la presunta arma del delitto, un affilato coltello da cucina nascosto in una cassetta dell’Enel di piazza d’Armi.
Originario di Biella, una laurea in Giurisprudenza, Leo viveva dallo scorso novembre a Torino. Dopo un lungo periodo trascorso all’estero, tra Cina, Giappone e Australia, era commesso in un negozio d’abbigliamento del centro. Sempre puntuale, sempre preciso, tutte le mattine per recarsi al lavoro faceva una passeggiata in lungo Po Macchiavelli. L’ha fatta anche quella mattina del 23 febbraio, un sabato, ignaro che stava andando incontro al suo assassino. Un uomo, rimasto sconosciuto fino a poche ore fa, che lo ha ucciso senza un apparente motivo con una coltellata alla gola.
La mattina del 23 febbraio, giorno del delitto, alcune telecamere hanno ripreso il giovane fermato in piazza Vittorio, da dove è poi sceso ai Murazzi. Da lì ha raggiunto il Lungo Po Machiavelli, luogo del delitto. “Il fermato ha ammesso di aver avuto una discussione con una persona incontrata sul posto, seduta su una panchina, che è il testimone da noi sentito”, aggiunge il colonnello Giuliano Gerbo, comandante del Nucleo operativo dei carabinieri di Torino. Il coltello utilizzato è stato nascosto in piazza d’Armi perché lì si trova il dormitorio pubblico dove il fermato dormiva. “La paura di poter riprendere quel coltello e compiere altri gesti lo ha portato a costituirsi”, sostiene il colonnello Rizzo.
Voleva uccidere qualcuno e ha scelto Stefano Leo perché aveva più o meno la sua età ed era troppo felice. Said Machaouat ha spiegato che da tempo, a causa delle sue vicissitudini, non riusciva a uscire dalla depressione e dalla sofferenza. “La cosa peggiore – avrebbe detto a proposito del suo passato – è sapere che il mio bimbo di quattro anni chiama papà l’amico della mia ex compagna”. Il reo confesso non conosceva la vittima; secondo i primi accertamenti sembra che il fermato fosse depresso per la separazione dalla ex moglie.