Regionale. E’ uno scenario inquietante quello che emerge dall’inchiesta sul racket alle pizzerie dei Decumani, il cuore di Napoli, dove i titolari della storica pizzeria Di Matteo l’ultimo approccio estorsivo l’hanno subìto lo scorso 5 marzo. Poi le vittime del racket hanno deciso di denunciare dando il via alle indagini culminate con i quattro provvedimenti di fermo notificati sabato scorso dai carabinieri agli eredi del clan Sibillo. Si tratta, infatti, di Vincenzo Sibillo, 56enne padre di Emanuele e Pasquale Sibillo, (il primo ucciso nel 2015, il secondo preso dalla Ps a Terni ed ora in carcere, ndr); di Giosuè Napolitano, 46enne padre di un killer della cosiddetta “paranza dei bambini”, soprannominato “‘o nannone”, del 24enne Giovanni Ingenito, cugino dei Sibillo e del 28enne Giovanni Matteo.
I due baby boss della “paranza dei bambini”, Emanuele e Pasquale Sibillo, come emerge dalle inchieste della DDA relative alla faida con i Buonerba, preferivano che la zona dei Decumani fosse “racket free”. Gli affari si concentravano sul traffico e lo spaccio di sostanze stupefacenti. Gli unici episodi estorsivi che vedono protagonisti i baby boss Sibillo riguardano la zona della Maddalena, lontano dalla loro roccaforte. Eventi che scatenarono la reazione di un loro storico nemico, il clan Mazzarella. Ma, per varie ragioni, negli ultimi anni il malaffare nei Decumani ha preso una strada diversa.
I quattro “eredi” del clan Sibillo rivolgevano ai gestori della nota pizzeria reiterate richieste estorsive – 100 euro a settimana – che, in occasione delle festività, lievitavano fino a 2500-5000 euro. A loro la DDA contesta l’estorsione aggravata dalle finalità mafiose. Dalle indagini è anche emerso che spesso ordinavano e mangiavano pizze senza pagare il conto. Dalle intercettazioni emerge che gli indagati agivano “impavidamente” forti del loro spessore criminale: “..si sa che pagano tutti”, dice una delle vittime, “… e nessuno parla..si mettono paura. Nessuno parla per paura, e ho paura anch’io”.