KK gigante anche fuori dal campo: va in ospedale dal bimbo ustionato

Regionale. Il piccolo Cheik non credeva ai propri occhi quando ieri si è trovato di fronte il suo idolo. Senegalese, come lui. A Napoli, come lui, per inseguire un sogno. Per Koulibaly quello di vincere in maglia azzurra, per il 12enne quello di una vita normale dopo il terribile incidente che gli ha segnato per sempre la vita.

La storia di Cheik

A soli 6 mesi rimase ustionato gravemente al volto. Nelle scorse, Cheikh Ndiaye, un giovane ragazzo senegalese di 12 anni arriva a Napoli dove sarà curato al I Policlinico Luigi Vanvitelli. Il giovane senegalese è stato portato in Italia da ‘Emergenza Sorriso’, onlus che si occupa di persone ferite in aree di guerra o Paesi poveri. Cheikh a soli 6 mesi è rimasto vittima di devastanti ustioni agli arti e al viso provocate da una lampada a petrolio mal funzionante che ha incendiato la capanna di paglia dove si trovava.

Il ragazzo non poteva essere operato presso le strutture ospedaliere del suo Paese ma ora riceverà cure specialistiche al Primo Policlinico di Napoli da parte dell’equipe di Gianpaolo Tartaro, professore ordinario all’Università degli Studi della Campania e direttore della struttura operativa complessa di chirurgia maxillo facciale del Policlinico. Cheikh sarà accompagnato dalla madre Die Ndiaye e si fermerà a Napoli fino al 19 marzo.

Appena arrivato ha espresso il desiderio di incontrare il suo idolo, Kalidou Koulibaly. Il forte centrale difensivo non si è fatto pregare, e, messa da parte per un momento la preparazione alle sfide con Juventus e Salisburgo, ha fatto capolino in ospedale. Immancabile selfie con il ragazzo, al quale ha donato la sua maglia autografata e la tuta del Napoli. Alla madre ha donato 10mila euro per le cure del giovanissimo connazionale. Un momento indimenticabile per un gigante sul campo, ma soprattutto fuori.

 

“Nello spogliatoio siamo tutti suoi fratelli”

“Koulibaly all’interno dello spogliatoio non aveva solo compagni di squadra ma fratelli che gli sono stati vicino”. Lo ha detto all’Università degli Studi di Salerno, il calciatore Simone Verdi, parlando degli episodi di razzismo di cui è stato vittima il compagno di squadra, Kalidou Koulibaly. “Lo sport si dovrebbe vivere in modo molto sereno. Il fatto di andare a vedere una partita di calcio e tifare per la propria squadra, non deve far arrivare a certi atteggiamenti e a quello che è successo a Koulibaly”, ha spiegato l’attaccante dei partenopei che, in occasione del convegno ‘Sport-Educazione’, ha portato la sua testimonianza agli studenti dell’Ateneo salernitano.

 

“Purtroppo sono cose che non dovrebbero succedere ma succedono perché l’ignoranza della gente esiste, non solo nel calcio ma ovunque. Dire ‘spero che non succeda più’, lo spero ma credo che purtroppo ci saranno ancora questi episodi”. Verdi, inoltre, ha raccontato come la squadra è stata vicina al proprio compagno. “Quello che abbiamo cercato di dire a Koulibaly è che purtroppo questa gente è ignorante. So che da parte sua è difficile perché è un’offesa molto grande. Ma devo dire che l’ha superata nel miglior modo possibile”.

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