Faida dei Belforte, nuove dichiarazioni di due “pezzi da novanta” del clan

Marcianise. Sono state depositate nell’udienza di ieri le dichiarazioni di Salvatore Belforte e Bruno Buttone, ex pezzi da Novanta del clan dei Mazzacane, nell’ambito del secondo filone del procedimento per l’omicidio di Angelo Piccolo.

 

Si tratta del processo che si sta svolgendo con rito ordinario e che vede alla sbarra il solo Gennaro Buonanno, detto “Gnucchino”, difeso dall’avvocato Giuseppe Foglia. Gli altri indagati sono già stati processati in primo grado col rito abbreviato per il delitto, avvenuto a Casoria il 14 marzo 1996, reato aggravato dalla finalità mafiosa, poiché commesso con l’obiettivo di favorire il clan camorristico dei Belforte.

Nel luglio scorso i giudici inflissero 30 anni di reclusione per Domenico Belforte e Felice Napolitano. Condanna di 10 anni invece per Salvatore Belforte, che collaborò con le indagini. Assolti Antimo Piccolo e Pasquale Cirillo.

Le indagini

Dalle indagini è emerso che l’episodio criminoso è maturato nell’ambito della dura contrapposizione, molto risalente negli anni, tra il clan Belforte, anche detto dei Mazzacane ed il clan Piccolo, detto dei “Quaqquaroni”, di cui la vittima, Angelo Piccolo, era esponente apicale; rivalità dovuta al controllo delle attività illecite nel territorio di Marcianise e zone limitrofe.

Tra il 1994-1995 maturavano gli eventi prodromici all’omicidio di Piccolo Angelo. In particolare, Napolitano Felice, detto “Capitone”, fino ad allora killer del clan Piccolo, e i fratelli Domenico e Salvatore Belforte, durante un periodo di comune detenzione nel carcere di Benevento, stringevano un patto segreto che prevedeva il passaggio di numerosi affiliati del clan Piccolo nelle file del clan Belforte e l’eliminazione dei restanti esponenti rimasti fedeli al capo clan Piccolo Angelo.

L’accordo aveva consentito ai transfughi ed ai nuovi alleati di attirare in trappole mortali gli uomini più fidati di Piccolo Angelo: Di Giovanni Alfredo, ucciso il 11.10.1995, Lasco Francesco, ucciso il 30.12.1995, Piccolo Raffaele, ucciso l ‘1.2.1996 e lo stesso boss che viene ucciso a Caivano il 14.3.1996. Era riesplosa così, nella seconda metà degli anni novanta, la faida tra le due famiglie che aveva colpito ancora profondamente la famiglia Piccolo con l’omicidio di Piccolo Giovanni, altro fratello di Antimo ed Angelo, ucciso nella propria stanza da letto il 5.12.1997. Qualche mese prima, il 10.4.1997, per un regolamento di conti interno al clan Belforte, erano stati uccisi i coniugi Letizia Biagio e Breda Giovanna.

Al termine di questa guerra di camorra, la famiglia Belforte, scalzando gli avversari, aveva conquistato totalmente la piazza di Marcianise e del vicino Comune di Capodrise diventando l’unico e indiscusso punto di riferimento criminale, imponendo la propria egemonia in tutte le attività illecite anche nel territorio dei Comuni di San Marco Evangelista, San Nicola la Strada, Maddaloni e Caserta, egemonia rafforzata da un patto di non belligeranza con il clan dei casalesi.

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