Regionale. Ha trovato la morte su una strada, ucciso e abbandonato nella sua auto, affrontando i rischi che prendono tanti napoletani che viaggiano verso il Centro e Sud America per fare commerci. Alessandro De Fabbio, 32 anni, partiva spesso verso il Messico, per vendere merci che acquistava da importatori: il giovane veniva dalla zona di Piazza Mercato, una sorta di versione d’antan del centro commerciale.
Oggi l’area è divisa, da una parte un grande parcheggio a cielo aperto, dall’altra la piazza transennata e smontata per lavori di riqualificazione. Molti conoscevano De Fabbio, che lascia una moglie e una figlia a Napoli, e la notizia della sua morte a Tepechitlan, nello stato di Zacatecas, ha gettato nello sconforto anche i familiari dei tre napoletani scomparsi in Messico, Raffaele e Antonio Russo e Vincenzo Cimmino, dispersi mentre erano in viaggio per vendere utensili da lavoro, come De Fabbio. Lui era partito da circa un mese, dice chi lo conosceva, e da qualche giorno non dava notizie, ma era una cosa normale.
E invece ha trovato la morte. “Il Messico è diventato molto pericoloso”, dice un anziano che ha lavorato come venditore in quel Paese “dal 1973”, ricorda. Li chiamano “magliari” e partono periodicamente da Napoli per il Messico e altri Paesi dell’area: “C’è una tradizione da Napoli – aggiunge l’uomo – sin dagli anni ’50. I pericoli ci sono sempre stati, anche io una volta riuscii a scampare a una rapina. Ora però le cose sono peggiorat