CASERTA. Diciannove anni di reclusione. E’ questa la richiesta formulata dal procuratore generale per Antonio Zampella, sotto processo per la morte di Marco Mongillo. Questa mattina davanti alla quarta sezione penale della Corte d’Assise di Appello di Napoli si è tenuta la requisitoria. Il procuratore generale ha insistito sull’ipotesi di dolo eventuale per spiegare il gesto che costò la vita al giovane pizzaiolo casertano.
Nella prossima udienza, fissata per il 30 ottobre, ci saranno le discussioni dei legali dell’imputato, gli avvocati Michele Di Fraia e Giuseppe Foglia.
In primo grado Antonio Zampella è stato condannato a 19 anni e 8 mesi di reclusione. Il pm della Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere Carlo Fucci, aveva invocato una pena quasi identica (4 mesi in più) spiegando di non credere alla ricostruzione del gioco mortale (si era ipotizzata in un primo momento una tragica e folle roulette russa), avvalorando invece l’ipotesi dell’omicidio volontario, tesi che poi ha retto agli occhi dei giudici. La pena è stata fissata in 19 anni e 8 mesi anche alla luce della confessione resa dall’imputato che per altro ha scelto il rito abbreviato. I genitori di Marco, straziati anche dalla morte del fratello, presente nell’appartamento del rione Santa Rosalia quel giorno e poi suicidatosi, si costituirono parte civile.
Marco Mongillo, 20 anni, fu ucciso da un colpo di pistola alla testa sparato, secondo l’accusa, proprio da Antonio Zampella che ai carabinieri spiegò di aver sparato per errore in seguito ad un gioco finito male. Il defunto Vincenzo Mongillo era nell’abitazione in cui avvenne la tragedia, ma ai militari ha sempre raccontato che al momento dello sparo era sceso un attimo per andare a recuperare le cartine.