Skip to main content

Favori al clan, stangata per la moglie dell’ex boss

MARCIANISE/CAPODRISE. La Cassazione conferma: Albina Natale figura attiva nel clan Belforte. Non una semplice ex moglie di un boss, ma una componente consapevole e operativa del sodalizio criminale. È questa l’immagine che emerge di Albina Natale, 43 anni, dal verdetto definitivo pronunciato dalla Corte di Cassazione, che ha confermato la condanna a due anni e otto mesi per concorso esterno in associazione mafiosa e intestazione fittizia di beni. L’unica misura esclusa è stata quella della libertà vigilata.

Il suo legame con Bruno Buttone, figura di rilievo del clan Belforte – oggi collaboratore di giustizia – è solo uno degli elementi esaminati dalla magistratura, che ha evidenziato il ruolo attivo e consapevole della donna nell’organizzazione camorristica casertana.

Il procedimento ha avuto origine da una vasta indagine sul clan Belforte, e già nel 2016 la Natale era stata condannata in secondo grado con rito abbreviato. Nel ricorso in Cassazione, i legali avevano cercato di dimostrare la presunta estraneità della donna, descrivendola come vittima passiva delle dinamiche familiari e dell’ambiente criminale in cui era immersa. Tuttavia, la Corte ha respinto questa linea difensiva, affermando che non si può parlare di “inerzia coniugale” quando la persona in questione mantiene contatti diretti con altri membri del clan, svolge compiti fiduciari e gestisce fondi provenienti da attività illecite.

Secondo la sentenza, stilata dalla prima sezione penale e firmata dal relatore Paolo Vellano e dal presidente Giuseppe De Marzo, la donna agiva come intermediaria tra il marito detenuto e la cugina Maria Buttone, contribuendo alla gestione finanziaria del gruppo criminale.

Particolarmente rilevante per i giudici è stato il fatto che Natale ricevesse somme periodiche come compenso per la sua collaborazione e che reinvestisse tali proventi nell’acquisto di beni immobili, intestati formalmente a lei, ma considerati nella disponibilità del clan. Questo comportamento ha rappresentato, secondo la Corte, un apporto sostanziale al mantenimento della struttura mafiosa.

Il caso

Un ulteriore elemento emerso in sentenza riguarda l’atteggiamento ostile della donna verso le intenzioni del marito di collaborare con la giustizia: un atteggiamento che, a detta dei giudici, alimenta il rischio di recidiva e giustifica la valutazione della sua pericolosità sociale, sebbene alla fine sia stata esclusa la necessità di applicare la libertà vigilata.

Infine, la Corte ha respinto la richiesta di prescrizione, ritenendo l’istanza generica e priva di elementi concreti per dimostrare l’estinzione dei reati contestati.

Con questa sentenza, il processo si chiude definitivamente, confermando non solo la condanna ma anche il quadro di una partecipazione attiva e consapevole di Albina Natale nelle dinamiche criminali del clan Belforte, senza mai aver mostrato – sottolineano i giudici – segni di dissociazione o pentimento.

 

Un click e sei sempre informato! Iscriviti al nostro canale WhatsApp per ricevere le news più importanti. Premi qui ed entra!