
CASERTA/MARCIANISE. Pronuncia irrevocabile per Imprenditore Casertano : La Suprema Corte di Cassazione annulla senza rinvio per il reato di appropriazione indebita. Accolta la tesi del difensore l’Avv. Pasquale Acconcia.
La Corte di Cassazione annulla senza rinvio la sentenza di condanna a carico di un imprenditore casertano imputato per il reato di appropriazione indebita e difeso dall’Avv. Pasquale Acconcia.
La vicenda giudiziaria sin dalle prime battute era stata perorata dal difensore come inadempimento contrattuale. La vicenda nasce nel periodo della pandemia dove era in essere una forte domanda di mascherine con continue alterazioni dei prezzi. La persona offesa costituita parte civile aveva sottoscritto un contratto di fornitura di mascherine con la società rapp.ta da D.A.N. ed a fronte della futura vendita aveva versato un acconto di euro 169.000,00 che non era comunque pari al 30% dell’importo del contratto che prevedeva una grossa fornitura di mascherine. Il contratto non ebbe esecuzione e l’imputato ebbe a restituire 69.000,00 e non tutta la somma di euro 169.000,00.
La persona offesa ebbe a presentare querela per appropriazione indebita della somma di €uro 100.000,00 e da qui il procedimento penale a carico dell’imputato condannato in primo grado con sentenza confermata in appello. Fu proposto Ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello e tra i motivi si eccepiva che la Corte di Appello nulla aveva riferito sulla problematica rappresentata circa l’ipotesi di inadempimento contrattuale essendo evidente che si è in presenza di un inadempimento civilistico in quanto si tratta di una somma corrisposta a titolo di acconto sul prezzo di una vendita futura in esecuzione di un contratto atteso che il denaro versato in assenza di uno specifico vincolo di destinazione, stante la sua naturale fungibilità, entra a far parte del patrimonio dell’accipiens, perdendo il carattere dell’altruità. (Cass. Penale II^ Sezione Sentenza n. 23783 del 07/05/2021). La Corte di Cassazione ha accolto il terzo motivo del ricorso, ritenendo che non sussistesse il reato di appropriazione indebita. Secondo la Corte, la somma versata dall’imprenditrice non era soggetta a un vincolo di destinazione che potesse giustificare la condanna per appropriazione indebita. Infatti, la somma di denaro era diventata di proprietà di N.D.A. , che l’aveva ricevuta come anticipo senza alcuna limitazione sull’uso. Il suo difensore Avv. Pasquale Acconcia ha sostenuto che non vi fosse un vincolo di destinazione specifico sul denaro versato, e che pertanto non si configurava l’appropriazione indebita, ma volendo tutto concedere, solo un semplice inadempimento contrattuale. Tale orientamento è stato confermato dalla Suprema Corte di Cassazione che ha ritenuto non sussistere il reato di appropriazione indebita. La sentenza della Corte d’appello è stata annullata senza rinvio, in quanto il fatto sull’uso.
Pertanto, la Corte ha escluso che l’imputato avesse commesso appropriazione indebita, ritenendo che potesse trattarsi, al massimo, di un illecito civile per inadempimento contrattuale. Inoltre, la Corte ha chiarito che, in base alla giurisprudenza consolidata, il reato di appropriazione indebita può configurarsi solo quando il denaro ricevuto sia stato destinato a uno scopo specifico, cosa che non era avvenuta in questo caso.
La sentenza della Corte d’appello è stata annullata senza rinvio, in quanto il fatto non sussiste, e le statuizioni civili sono state revocate. Pertanto, N.D.A. è stato prosciolto dalle accuse di appropriazione indebita.