
Pignataro Maggiore. Poco prima di essere trasferito nella cella di sicurezza del carcere di Secondigliano, Pietro Ligato aveva incontrato il sostituto procuratore Vincenzo Ranieri per un colloquio fondamentale nel suo percorso da collaboratore di giustizia.
In quel confronto, ritenuto cruciale dagli inquirenti, Ligato avrebbe aperto uno squarcio su dinamiche finora inaccessibili: dalle connessioni con esponenti politici alle faide interne, dal traffico di stupefacenti ai meccanismi estorsivi, fino ai legami con ambienti imprenditoriali dell’Agro caleno.
Le dichiarazioni rilasciate in quell’ultimo interrogatorio sono ora sotto stretta tutela della Direzione Distrettuale Antimafia, che le considera elementi chiave per futuri sviluppi investigativi.
Secondo chi lo conosceva, la decisione di Ligato di collaborare con la giustizia sarebbe nata da fratture profonde all’interno della sua sfera familiare, e probabilmente anche il drammatico epilogo può trovare radici in quelle tensioni. Le autorità stanno ancora cercando di fare piena luce su quanto accaduto.
Il 52enne originario di Pignataro Maggiore sarebbe stato trovato privo di vita nella sua cella: si sarebbe tolto la vita utilizzando un sacchetto di plastica. Gli agenti della penitenziaria, accortisi della tragedia, hanno tentato invano di rianimarlo. Sul corpo è stata disposta l’autopsia per chiarire ogni dettaglio dell’accaduto.