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Massacrato in cella e riempito di oppiacei, muore a 27 anni: “Avete avuto la Colomba, ora pure l’Uovo”

 

 

SANTA MARIA CAPUA VETERE. Prima le botte, poi una quantità tossica di farmaci – oppiacei, neurolettici e benzodiazepine – assunta “in rapida successione e senza controllo sanitario”: è morto per un arresto cardiocircolatorio conseguente a un edema polmonare acuto, Lamine Hakimi, detenuto straniero affetto da schizofrenia, uno dei 15 carcerati del reparto Nilo classificati dalla Polizia Penitenziaria come pericolosi e per questo motivo messi in isolamento nel carcere di Santa Maria Capua Vetere dopo l’ “orribile mattanza”, come l’ha definita il gip, del 6 aprile 2020.

Le frasi choc ai compagni di cella

Un evento che ha spinto l’ufficio inquirente guidato dal procuratore Maria Antonietta Troncone a ipotizzare nei confronti dei poliziotti indagati il delitto di “morte come conseguenza di altro reato”. Scelta però non condivisa dal Giudice, che invece ha classificato quel decesso come un suicidio. Hakimi morì il 4 maggio 2020 nella sezione Danubio, a distanza di quasi un mese dalle violenze perpetrate dai poliziotti penitenziari sulle persone ristrette nel Reparto Nilo. Agli altri detenuti in isolamento che soffrivano di varie patologie, secondo quando riporta l’ordinanza, venne sospesa la somministrazione dei farmaci. Il giorno della morte di Hakimi, inoltre, venne eseguita un’altra perquisizione personale durante la quale, per l’ennesima volta, gli agenti sputarono sui detenuti e proferirono minacce nei loro confronti: “mica è finita qua! Avete avuto la colomba, dovete avere ancora l’uovo di Pasqua”.

 

Massacrato dopo la reazione

Così come per le altre vittime delle violenze, sono descritte nel dettaglio, nella corposa ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Santa Maria Capua Vetere , le percosse subìte dal detenuto algerino di 27 anni Lamine Hakimi, morto in cella il 5 maggio 2020. Un trattamento che non si discosta molto da quelle subìte dagli altri carcerati ma esacerbato da un suo tentativo di ribellione: prelevato con la forza dalla sua cella, la numero 7, del reparto Nilo, percosso con calci, schiaffi, pugni durante il trasferimento, con una tale frequenza da provocarne lo svenimento. Hakimi accenna anche a una reazione, sferra un pugno ai poliziotti, dopo essere stato colpito alla testa due volte ma ottiene solo un ulteriore accanimento nei suoi confronti: testa schiacciata contro il pavimento e colpi di bastone alle costole e alle gambe mentre viene trascinato per la maglia nel reparto.

 

“Aveva segni dappertutto”

Diversi carcerati parlano delle sue condizioni e ognuno le definisce peggiori delle proprie: “…stava troppo male, aveva segni di manganellate dappertutto e un bozzo dietro la testa… sono stato 15 giorni in stanza con lui, lo sogno tutte le notti…”. E ancora: “…ha sempre assunto la terapia psicofarmacologica e lo faceva stare bene…”, “…lui stava peggio di me, gli avevano fatto molto male, lo hanno sfondato… stava così male che per 4 giorni non ha preso la terapia. Dopo 4 giorni si è svegliato e abbiamo parlato…”.

 

 

 

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